I rifiuti della ’ndrangheta
sotto i ponti della Pedemontana

L’antimafia: la discarica in località La Guzza era gestita da persone legate ai clan

«A La Guzza comando io». Non aveva usato giri di parole Daniele Frustillo, secondo gli inquirenti dell’antimafia uomo di fiducia del capo locale di ’ndrangheta di Lonate Pozzolo, per sbaragliare la concorrenza interna ai clan e per far comprendere al suo “datore” di lavoro che la discarica di Como, quella sotto il ponte della Pedemontana sequestrata nel 2018 da polizia locale e vigili del fuoco, era cosa sua.

Una nuova inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano riaccende i riflettori sugli interessi della malavita calabrese sul Comasco. E, più in particolare, sulla gestione illecita dei rifiuti anche nella nostra città. Per anni, stando all’indagine del Gico della Guardia di Finanza che - ieri mattina - ha portato in cella cinque persone tra le quali il consigliere comunale di Busto Arsizio Paolo Efrem, la discarica che Econord (del tutto estranea alla vicenda) ha dato in affitto alla Smr Ecologia di Busto Arsizio, è stata al centro di un traffico illecito di rifiuti gestito dalla ’ndrangheta.

La rapina e la protezione

A ricostruire la vicenda di quel cumulo di rifiuti accatastati sotto l’ultimo tratto dell’autostrada Pedemontana, è stato Matteo Molinari, amministratore unico della Smr Ecologia. Lui ha raccontato alle fiamme gialle e ai magistrati di come si sia gettato tra le braccia della ’ndrangheta e di come quest’ultima lo abbia letteralmente preso in ostaggio, trasformandolo in un proprio burattino a suon di minacce.

Tutto inizia quando la famiglia Molinari subisce una brutale rapina, ormai otto anni or sono. In quel momento un uomo della sua società suggerisce all’amministratore di affidarsi a Daniele Frustillo: «Se ti affidi a uno così, vedrai che non ti succede più nulla».

L’affare fallimentare

Frustillo, che secondo gli inquirenti, è uomo di fiducia di Vincenzo Rispoli, capo della locale di Lonate Pozzolo della ’ndrangheta, viene così assunto nella società. Quindi nel 2017 la Smr, che punta ad allargare il proprio giro d’affari, conclude un contratto d’affitto per La Guzza. Un affare fallimentare per la società. Da un lato perché quell’impianto ormai è obsoleto. Dall’altro perché i rifiuti che vengono conferiti non sono “di qualità”, non servono cioè per essere venduti agli inceneritori.

Risultato: ai lati di via Scalabrini iniziano ad accumularsi rifiuti. Così tanti che, alla fine dell’inverno di due anni fa, la polizia locale e i vigili del fuoco intervengono per sequestrare l’area.

A quel punto l’uomo che, secondo l’accusa, operava per conto dei clan, avrebbe iniziato a preoccuparsi di gestire lo smaltimento di quella mole di rifiuti. Spazzatura che veniva «falsamente recuperata» e che «successivamente» veniva «conferita nel migliore delle ipotesi presso terzi impianti di gestione dei rifiuti o, più spesso, presso siti del tutto abusivi ubicati in Lombardia», come ad esempio l’ex Walter di Oltrona San Mamette, ma anche nel «Sud d’Italia per essere interrati definitivamente».

I trasporti rifiuti per gli smaltimenti illegali, ovviamente, venivano pagati in nero ai camionisti individuati sempre da Frustillo. Per riuscire a recuperare la riserva in nero, l’uomo dei clan si rivolse - secondo l’accusa - a Paolo Efrem, consigliere comunale di Busto e prestanome della Efrem Trade, società che ha emesso fatture per consulenze inesistenti pari ad almeno 100mila euro. Da qui soldi provenivano i compensi per i camionisti ma anche le provvigioni per l’uomo dei clan.

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