Il coronavirus e i nostri risparmi
«Attenti al contagio del panico in borsa»

Intervista a Luigi Ferrari, docente di psicologia delle condotte finanziarie: «Ansia e fretta di vendere? Chiedete a un consulente»

Il grafico delle Borse e quello dei contagi. Per chi in queste settimane è chiuso in casa ansia e preoccupazione seguono queste due variabili. Al timore per l’epidemia si somma quello di svegliarsi in un mondo impoverito e nel quale i nostri risparmi sono stati polverizzati dall’isteria dei mercati finanziari. Esiste un modo virtuoso, per il risparmiatore medio, di governare lo spettro del crollo della Borsa? «Certo, possiamo difenderci dal panico», dice Paolo Ferrari, professore ordinario di Psicologia delle condotte finanziarie all’Università di Milano Bicocca, e autore con Danilo De Laurentiis e Alberta Scuteri di “La consulenza finanziaria 3.0” (ed. Vicolo del Pavone) sulla funzione psicologica del consulente finanziario.

Professore, in questi giorni l’ansia di tutti noi è legata, oltre che all’andamento del contagio, anche a quello dei mercati. Esiste una sorta di “psicopatologia” del risparmiatore?

Esiste, e uno dei fenomeni più eclatanti è il panico borsistico, ne abbiamo avuto dimostrazione in questa ultima fase del coronavirus. Ricordiamoci che il panico, in generale, nasce nel momento in cui si ha la percezione che le vie di fuga si stanno chiudendo, ma non sono ancora chiuse completamente. Il panico borsistico nello specifico si realizza in presenza di alcune condizioni particolari: c’è una situazione di benessere precedente, e noi veniamo da un anno di grosse performance, e c’è una minaccia inattesa, di cui non si conosce la natura. Quando si realizzano queste condizioni si ha il panico delle vendite, le persone non ragionano più e corrono a prelevare i loro risparmi. Ma se tutti lo fanno si produce il crollo dei valori. Questa è la forma più eclatante di “psicopatologia” economica, quella che maggiormente corrisponde ai fatti che la cronaca ci propone in questi giorni.

Molti temono di perdere i proprio risparmi, cosa possiamo dire loro per tranquillizzarli?

La cosa più importante da dire è che i risparmi non si perdono così facilmente, i crolli dei valori dei titoli ci sono sempre stati dal 1700 in poi, e i mercati si sono sempre ripresi. Anzi, a questi crolli repentini segue di solito un’euforia, un panico di segno opposto e altrettanto “sballato”. La cosa migliore per non soccombere a un approccio troppo umorale è ricorrere a un professionista. La figura del consulente finanziario è sempre più importante, soprattutto quando la tensione diventa troppo alta, perché un professionista dovrebbe essere “vaccinato” contro il panico, ne ha già viste tante e ha una formazione che gli consente di capire com’è l’andamento del mercato. Questo di affidarsi a un consulente è il modo più efficiente di tranquillizzare il risparmiatore, anche in funzione “preventiva”: il professionista nei periodi di benessere educa emotivamente il cliente ad aspettarsi un movimento di segno opposto, magari repentino come in questo caso.

Qual è secondo lei l’atteggiamento “sano” che un risparmiatore dovrebbe mantenere nei momenti di crisi

Le cose da fare sono due. La prima l’abbiamo già detta. Poi deve considerare la storia della finanza, che è una successione di momenti di panico nel corso dei secoli. Sono fenomeni ricorrenti, ce ne sono stati tantissimi. In genere hanno breve durata, anche se questo non vuol dire che non producano effetti, ma il fenomeno che ingenera molta paura è di breve periodo, anche se poi possono seguire periodi di depressione. Inoltre bisogna tenere presente che se dopo il panico il valore dei titoli si rialza - ma non troppo - in genere questi sono ottimi periodi per fare buoni affari. Serve molta freddezza, non bisogna fare colpi di testa ma nello stesso tempo si deve tener presente che l’orizzonte temporale è quello di una crescita. Serve un atteggiamento razionale che si costruisce con una disciplina interna, meglio appunto se con l’aiuto di un consulente

Consiglierebbe di monitorare assiduamente l’andamento della Borsa o è preferibile, almeno per l’umore, essere fatalisti?

Storicamente sono stati osservati dei comportamenti sbagliati in questo campo, uno di questi è la cosiddetta “tickerite”, che è l’atteggiamento di chi sta sempre attaccato alle fonti di informazione: una volta era il nastro del telegrafo, il nome deriva appunto dal ticchettio dell’apparecchio. Chi ne è affetto non riesce a staccarsi dal flusso delle informazioni, ed è un atteggiamento micidiale perché in questo campo è davvero un flusso ininterrotto. In genere si tratta di persone molto fragili, che si entusiasmano e si abbattono facilmente. Ma essere fatalisti, cioè restare a guardare, è sbagliato allo stesso modo. Se si osservano bene le crisi si possono cogliere con una certa abilità momenti buoni per entrare nei mercati, per esempio con i piani di accumulo, che sono un ottimo sistema per appiattire eventuali perdite ancora presenti ma cogliere anche delle opportunità.

I grandi sconvolgimenti sociali o le grandi minacce sono sempre stati accompagnati da gravi ripercussioni economiche. Cosa ha di particolare questa crisi?

C’è una grossa questione di fondo, questa è una crisi un po’ diversa dalle altre. Quella del 1987 è stata drammatica, ma l’economia era rimasta indenne, qui invece la produzione non c’è più. È davvero come una situazione post bellica: dopo la guerra l’Italia non aveva più fisicamente le fabbriche, e dovette affrontare un periodo di ripresa in cui era necessario ricostruire la ricchezza. Oggi gli impianti ci sono ancora ma siano di fronte alla distruzione degli affari, si è innescata una catena di insolvenze, di costi senza incassi. La crisi indubbiamente ci sarà e avrà un contraccolpo sulla finanza, ma ne sappiamo ancora poco. Potrebbe anche succedere una cosa paradossale, cioè che nel momento in cui ci rendiamo conto che l’emergenza sanitaria è finita si corra verso la ripresa anche con troppo entusiasmo, determinando una volatilità al rialzo ingiustificata. Il rischio dal punto di vista finanziario è che ci sia un’esplosione di compravendite non corrispondente a una situazione economica reale, una “bolla”. Quindi quando si dirà “liberi tutti” attenti ai facili entusiasmi: basta vedere quello che succede in questi giorni, a ogni piccolo segnale la Borsa riparte troppo velocemente. E questo tutto in funzione di dinamiche psicologiche, perché è evidente che in poche ore non può essere cambiato nulla di concreto.

Quali dinamiche negli investitori determinano la volatilità della Borsa a cui assistiamo in questi giorni?

I mercati sono sistemi in cui c’è un gioco a somma zero, vuol dire che è come una partita a briscola: se uno vince l’altro perde. Quindi sono molto competitivi, chi arriva prima a vendere o ad acquistare guadagna, chi arriva ultimo perde tutto o almeno perde la possibilità di guadagnare. Per questo motivo i mercati sono strutturalmente fragili sul piano psicologico, perché devono anticipare gli avvenimenti, ma non avendo le informazioni sufficienti per farlo in modo razionale si devono inventare degli scenari, e questo favorisce il panico e quella che tecnicamente si chiama volatilità. Sono dinamiche intrinseche, su cui pesano anche alcune aggravanti come l’uso dell’intelligenza artificiale nella compravendita, determinate dalla spasmodica ricerca del momento buono per entrare nei mercati in mancanza di elementi sufficienti a fare un pronostico fondato.

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