Il viaggio nel rudere
che ha fatto scattare gli arresti

In salita Peltrera, negli edifici fatiscenti al centro del presunto caso di corruzione

«Vista da qui, sei tutto il contrario». Sembra quasi profetica la frase scritta in nero sullo scheletro delle pareti della “1984”, il rudere in cima a salita Peltrera. La vista, dal tetto, è mozzafiato: il primo bacino, il tempio Voltiano, Life Electric. L’immagine di una città placidamente abbracciata al suo lago stride con la tempesta giudiziaria in corso. E proprio il complesso collocato alla fine di via Prudenziana è coinvolto in un presunto caso di corruzione. Al centro di un progetto di ristrutturazione presentato nel 2011 dall’Imothep srl, per ottenere lo sblocco Roberto Ferrario avrebbe chiesto, usando come tramite l’ingegnere Antonio Viola, l’intervento di Pietro Gilardoni, promettendogli un contratto di consulenza per un incarico di collaudo per 14 mila euro. L’obiettivo, così parrebbe emergere dalle intercettazioni, era quello di permettere all’impresa di uscire dalla situazione di stallo conseguenza dell’impossibilità di procedere all’esproprio dei terreni necessari all’allargamento della strada.

Lo stabile è spesso presente nelle cronache locali. Rifugio di senzatetto, stranieri senza fissa dimora o disperati, fu teatro di un incendio e di episodi violenti. Quando, mesi fa, l’ondata di furti in città era arrivata a toccare in maniera importante la zona, alcuni residenti avevano puntato il dito proprio contro i civici 46 e 48 di salita Peltrera, coacervo di malintenzionati e calamita di criminalità. Un problema quindi da risolvere e con una certa fretta. Ma, oltre a tutto questo, le case abbandonate conservano da sempre una sorta di fascino decadente e misterioso.

Così, la “1984” e la “Trash”, chiamate in gergo per le scritte a caratteri cubitali con la bomboletta sopra le finestre, sono spesso preda d’incursioni di curiosi che, fra i calcinacci e i vetri rotti, giocano a ricostruire con la mente una storia passata e un futuro ancora tutto da capire. Non più tardi di una decina di anni fa, la casa era utilizzata dai giovani per “infrattarsi”, al riparo da occhi indiscreti e verificare, per utilizzare un’elegante giro di parole, le prime adolescenziali corrispondenze d’amorosi sensi.All’interno, insieme ai suoi amici, c’è Giovanni, studente delle superiori con la “fissa” dei luoghi abbandonati. Si è concesso una scampagnata mattutina all’ex villa: si muove agile dentro la sua felpa nera di almeno una taglia più grande fra gli scalini in buona parte pericolanti. Ci guida all’interno della struttura, sempre camminando con grande attenzione vicino ai bordi, senza mai passeggiare al centro della stanza (dove non sempre il pavimento è presente), fra calcinacci, resti di tegole, vetro in frantumi e materiale edile.

L’accesso al complesso da salita Peltrera è impossibile: il cancello è chiuso ermeticamente e gli spazi sono occupati da detriti e infissi. Ci sono reti arancio in plastica, di solito utilizzate per delimitare il cantiere, e il cartello per vietare l’ingresso ai non addetti ai lavori. Camminando per salita Carescione e svoltando sulla destra, c’è un cancelletto verde. Varcandolo, si attraversano i vecchi locali camminando sul cemento ricoperto da terra, piastrelle, sporcizia e piatti rotti. Si arriva al tetto della “1984”, che raccoglie al centro una pozzanghera d’acqua piovana profonda da cui spunta fuori la torre di un castello di plastica

Al primo piano, s’incrociano cucchiai di metallo e bottiglie con tutta probabilità, viste anche le bruciature e i buchi laterali, utilizzate per assumere sostanze stupefacenti. Le pareti, quelle poche ancora in piedi, sono piene di graffiti. Non mancano alcune sorprese, come un ingranditore per foto, un boiler in discreto stato e un campanello con relativo nome sul citofono. Non compaiono, almeno a prima vista, giacigli o segni che lascino intendere una permanenza stabile o notturna da parte di qualcuno (ciò non esclude, va detto, l’esistenza di una presenza nel civico 48, la casa a fianco).

Chissà per quanto tempo resterà così prima di metterlo a posto, si chiedono tutti. Una bella domanda cui nessuno, per il momento almeno, è riuscito a dare una risposta.
Andrea Quadroni

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