La guerra prosegue nel Donbass: accordi sul grano e nuovi profughi. Il punto della situazione

Il conflitto Non si vuole fermare la Russia, lo ha reso chiaro in un’intervista il ministro Lavrov. E sono molti i profughi che si rimettono in viaggio, arrivando anche nel comasco

Sono oltre duecento le persone di nazionalità ucraina presenti nella città di Como: un numero senz’altro inferiore rispetto a quello registrato in primavera, a un mese dallo scoppio della guerra, ma comunque in aumento.

Come ha spiegato al nostro giornale Ilaria De Battisti, di Caritas, il maggior numero di profughi si registra a Como dall’inizio del mese di luglio. Perlopiù si parla di nuclei familiari formati da mamme e bambini, oltre naturalmente ai tanti minori che arrivano soli sul territorio comasco, scappando dalla guerra.

La Russia vuole espandere il conflitto, parola di Lavrov

Alla base dell’aumento dei profughi, anche sul nostro territorio, c’è la volontà mai venuta meno della Russia di proseguire il conflitto, anzi di espanderlo.

A rivelarlo è stato il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, in un’intervista a Ria Novosti, l’agenzia statale di stampa russa. In poche parole, l’intenzione dell’esercito di Putin sarebbe quella di spingersi verso altri territori, perlopiù nel sud della Russia, come Zaporizhzhia e di Kherson. Ma, come ha lasciato intendere Lavrov stesso, se sarà possibile, si cercherà di andare anche oltre il Donbass.

Ma cosa si nasconde dietro il desiderio della Russia di portare il conflitto altrove? Nelle parole di Lavrov «la geografia è cambiata», ovvero è necessario spostare più avanti la linea del fronte, alla luce del rifornimento d’armi ricevuto dall’Ucraina soprattutto da parte degli USA. Ma in realtà le parole di Lavrov non giungono come un fulmine a ciel sereno: il fatto che la Russia volesse conquistare altre parti dell’Ucraina era ormai noto, soprattutto grazie alla propaganda propinata dai talk show russi. L’obiettivo è facile da indovinare: chiudere l’accesso dell’Ucraina al mare.

Il problema del grano e gli accordi firmati ieri, 22 luglio

La constatazione ci porta così alla notizia dell’ultima ora: è stato firmato un accordo sul grano tra Russia e Ucraina. Il tema è caldo perchè se, come molti esperti temono, davvero la Russia volesse spingersi a tagliare le vie di accesso dell’Ucraina al mare, questo significherebbe rendere l’esportazione di grano (ma anche di altri prodotti alimentari) praticamente impossibile. Il danno lo possiamo già intravedere se prendiamo in considerazione i numeri relativi al grano ucraino, bloccato nei porti dall’inizio della guerra.

Nei silos di Odessa ci sono più di 22 milioni di tonnellate di cereali da ormai cinque mesi e, anche se gli agricoltori ucraini hanno perso 4 miliardi di dollari a causa dei danni bellici, nei prossimi mesi il grano da smaltire aumenterà di almeno altri 30 milioni di tonnellate, che rischieranno di marcire. L’ emergenza mondiale colpisce anche l’Italia che il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo un’analisi della Coldiretti.

La notizia dell’accordo firmato ieri, venerdì 22 luglio, tra Russia e Ucraina ha fatto immediatamente scendere il prezzo globale del grano, avendo sbloccato - almeno sulla carta - circa 20 milioni di tonnellate di grano. L’accordo però non è stato dei più semplici è per molti esperti costituisce solo il primo passo di un lungo cammino mirato a ristabilire la catena di approvvigionamenti provenienti dall’Ucraina. Peraltro, Russia e Ucraina non hanno nemmeno firmato lo stesso documento: grazie alla mediazione di Turchia e Onu, che hanno incontrato le delegazioni dei due paesi, sono stati firmati, in separata sede due documenti “speculari”, recanti anche la firma della Turchia come garante.

Lontani dalla fine

Insomma, si è ben lungi dall’aprire tavoli di discussione e mediazione “faccia a faccia” e la guerra sembra lontana dalla fine. Solo lo scorso 21 luglio sono state evacuate 28 mila persone dalle regioni pericolose della Turchia e trasportate in territorio russo. Nel frattempo, giungono comunicazioni di referendum lanciati dalla Russia per l’annessione dei territori meridionali della Turchia. E di certo non si fermano i bombardamenti: l’ultimo, a Kharkiv, che ha provocato 3 morti e 23 feriti, risale solo a due giorni fa e nemmeno un mese è passato dalla strage di Odessa, con i suoi 21 morti. Il dato dell’aumento dei profughi che riguarda anche il nostro territorio non può allora sorprenderci, se si considera il contesto generale di una guerra che sembra davvero lontana dalla fine.

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