«La mia vita all’ombra del viadotto»

La storia Anna Camporini, 86 anni: dalle finestre di casa godeva di una bella vista su Baradello e Spina Verde. Poi, nel 2001, l’inizio di un incubo “a puntate”. L’ultima lunedì, per iniziativa di due camionisti del cantiere

Dal balcone del salotto vedeva di fronte a sé gli alberi della Spina Verde e il profilo del Baradello. Da svariati anni, invece, il panorama è tutt’altra cosa. Da parecchio tempo, la signora Anna Camporini, 86 anni, deve convivere con i disagi prodotti dal viadotto dei lavatoi, costruito a due passi dalla propria abitazione e da poco riaperto anche ai mezzi pesanti.

Per avere un’idea della vicinanza fra le due strutture è sufficiente guardare lo spigolo del tetto della casa, collocata in via Donatori di sangue 7, e il pilone, distanziati di circa un metro.

L’ultimo problema, in ordine di tempo, si è verificato lunedì: diversi metri cubi di materiale di risulta dei lavori, trasportati da due camion, sono stati scaricati proprio davanti al suo appartamento, senza alcun tipo di preavviso. Qualora piovesse, la terra rischierebbe di scendere a valle poiché, al momento, non è presente nessun muro o recinzione di contenimento: dopo gli interventi di costruzione del viadotto, consolidamento e scolmatore, non è mai stata rimessa a posto la zona poiché, in prospettiva, i lavori non sono ancora terminati. Lunedì stesso, la famiglia della signora ha chiamato in Comune, illustrando la situazione. Ma, nonostante la rassicurazione di un pronto intervento, a distanza di 48 ore nessuno è ancora passato a portare via il materiale.

Il tassello si aggiunge ai problemi vissuti da Camporini in questi anni, da quando è cominciata la costruzione del primo pilone dell’opera viabilistica. L’annuncio era arrivato tramite un avviso arrivato dall’amministrazione in cui si parlava di «occupazione d’urgenza» dello spazio, prevista per il 7 febbraio 2001 alle 10. «Ci hanno messo di fronte al fatto compiuto – racconta la signora – nessuno è venuto a darci la notizia per tempo, nemmeno ne abbiamo parlato».

Per avere un’idea di cosa significa vivere di fronte a una costruzione di cemento così imponente (e non sempre in ottima salute, stando alle cronache recenti), è sufficiente provare a parlare in casa della signora, con il traffico e i lavori in grado di sovrastare, di gran lunga, le voci dei presenti. Non solo, in cucina le piastrelle si muovono e, durante i lavori di consolidamento, si sono formate delle crepe ben visibili.

Non è nemmeno più utilizzabile il balcone della stanza da letto per stendere perché, a causa dello smog, la signora si trovava le lenzuola macchiate di nero. Per non parlare del rumore continuo causato dal trantran dei mezzi su una delle strade con più transito di Como. A dare fastidio alla signora è stato, soprattutto, il modo con cui sono andate le cose. Come raccontato dai famigliari, è stato domandato d’essere avvisati quando arrivavano i camion col cemento, così d’evitare di rischiare di rimanere bloccati. Ma le richieste per ora sono state inascoltate.

«Mi arrabbio se ci penso – conclude Camporini – Non c’è mai stato alcun tipo d’interesse, ascolto o dialogo da parte del Comune. Siamo solo stati avvisati, senza nemmeno un briciolo di rispetto e, ovviamente, senza nemmeno un euro di risarcimento, nonostante la perdita di valore della casa».

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