Le invettive contro il Comune
Ecco i sermoni dell’integralista

L’ex macellaio di via Milano attaccò pesantemente gli ex amministratori Preso in consegna dalle autorità tunisine. Indagini su contatti con rete jihadista nel suo Paese

La rabbia per la mancata autorizzazione a realizzare una tenda a Muggiò per la preghiera del venerdì lo portò a pescare le parole nel calderone dell’odio. Sermoni particolarmente allarmanti, secondo gli inquirenti, contro gli amministratori del Comune di Como accusati di essere «criminali» e «nemici» dell’Islam e, per questo, da combattere.

Sono pagine dense di accuse, quelle rivolte dal ministero dell’Interno a Belgacem Ben Mohamed Belhadj, l’ex macellaio di via Milano, residente con la famiglia a Lurago d’Erba, rimpatriato a forza venerdì della scorsa settimana dai poliziotti della digos di Como e dell’ufficio immigrazione della Questura cittadina in quanto considerato una «minaccia» per la sicurezza dell’Italia.

Al di là di linguaggi scelti sull’esile confine tra la critica aspra e l’esortazione alla violenza contro l ’allora amministrazione Bruni, ciò che ha spinto il governo a espellere il tunisino sono stati soprattutto i contatti con ambienti estremisti islamici e l’avvicinamento dell’uomo alle posizioni dei terroristi dell’Isis.

Belhadj, al suo arrivo a Tunisi, è stato preso in consegna dalle autorità del suo Paese. Dove a suo carico vi sarebbe un’inchiesta legata a contatti con esponenti vicini alla jihad, la guerra santa degli estremisti musulmani. In particolare il 49enne tunisino, figura di spicco dell’Associazione culturale islamica di via Domenico Pino, negli scorsi anni proprio in Tunisia, dov’era tornato dopo la caduta di Ben Alì, l’ex presidente costretto all’esilio dai moti legati alla primavera araba, sarebbe stato agganciato da un’organizzazione attiva nel reclutamento di combattenti da inviare in Libia e, successivamente, sui campi di battaglia della Siria.

Prima di essere caricato su un volo per Tunisi Belhadj ha cercato di opporsi all’espulsione, sostenendo con il giudice di essere a rischio in caso di rimpatrio in Tunisia, ma inutilmente. Da comprendere, ora, se il suo legale farà ricorso al Tar - come prevede la legge - contro il provvedimento dei ministro dell’Interno.

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