Minori stranieri non accompagnati, per il ministero «a Como è emergenza»

Il caso Il sottosegretario: «Situazione difficilissima, la città paga la vicinanza con la Svizzera» - E poi la legge: «Se non c’è prova, vige la “presunzione di minore età”. Regole da riformare»

Il tema all’ordine del giorno - prima ancora che lo stadio, i lavori a Villa Olmo o il mancato arrivo del Lombardia - sembra essere, in queste ore, quello dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

La tensione a Palazzo Cernezzi è palpabile, e lo è a maggior ragione dopo il vertice di giovedì, organizzato per un faccia a faccia tra l’amministrazione e le varie associazioni del Terzo settore che si occupano della faccenda. Servono spazi (anche se il sindaco Alessandro Rapinese non ha nessuna intenzione di allestirne uno ad hoc, come richiesto dalla Caritas), servono risorse, ma servono anche traduttori, educatori, mediatori, in definitiva soldi, se è vero, per esempio, che la parrocchia di Rebbio ospita 30 ragazzini ma riceve contributi per mantenerne soltanto otto.

Ieri sull’argomento è intervenuto il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, riempiendo il silenzio opposto, sull’argomento, sia dal saindaco sia dall’assessore Nicoletta Roperto, che già dopo avere incontrato Caritas and co, giovedì, aveva scelto la strada del silenzio, limitandosi a precisare di essere al lavoro «a testa bassa». «La situazione, a Como, è delicatissima - dice Molteni - e lo più che in altre città d’Italia sia per la vicinanza con Milano, sia, soprattutto, per la prossimità al confine di Stato. Siamo in emergenza. Da mesi sono in contatto con Rapinese e con la vicesindaco Roperto: purtroppo il quadro normativo attuale ci è “nemico”». Molteni fa riferimento, in particolare, alla legge Zampa, anno 2017 («governava il Pd», si affretta a precisare), che tra le altre cose prevede la “presunzione di minore età” per tutti quei ragazzi stranieri sedicenti minorenni per i quali i vari controlli medici che si effettuano in questi casi (a cominciare dalla radiografia del polso) non forniscano un responso chiaro: «In altre parole, se solo c’è un minimo dubbio - illustra Molteni - la legge prevede che quel ragazzo sia considerato minorenne, con il risultato che la certezza che ancora non abbiano raggiunto i 18 anni c’è soltanto per il 65% circa dei minorenni veri o presunti che ospitiamo sul territorio nazionale».

L’idea del governo è quella di procedere quindi da un lato a una stretta sui controlli medici dall’altro a una revisione dell’attuale normativa. Tra l’altro del tema si è discusso giovedì a Roma in un incontro tra lo stesso Molteni, il ministro Matteo Piantedosi, i prefetti delle città metropolitane e Antonio Decaro, presidente dell’Anci. I Comuni hanno di nuovo lamentato l’impossibilità di garantire tutele sul sistema di accoglienza: i minori non accompagnati al momento sono oltre 21mila (in maggioranza maschi di 17, 16 e 15 anni) mentre i posti autorizzati sono solo 6.207.

Sulle richieste dell’Anci, Piantendosi ha assunto «l’impegno a valutare in tempi brevi le proposte presentate» mentre nel Governo si fa strada l’ipotesi di abbassare l’età sotto la quale viene considerato l’affidamento di un migrante al sistema Sai. L’idea sarebbe di valutarne l’accesso fino ai 15 anni, facendo invece confluire quelli tra i 16 e i 17 anni nella rete di accoglienza ordinaria, che vale già per tutti i migranti maggiorenni. L’altroieri, intanto, la polizia si è presentata a Palazzo Cernezzi chiedendo del sindaco o, in alternativa, della sua vice. Non c’erano né l’uno né l’altra. Il motivo della visita, che la questura non conferma, non è chiaro. Ma si tratterebbe sempre di minori stranieri.

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