Pedofilia, annullata
la condanna al prof

Accusato di molestie sessuali sulla figlia di 4 anni di due amici: da rifare il processo di appello

Secondo i giudici di Como e di Milano non c’erano dubbi: l’imputato, un ingegnere con incarichi di docenza all’università, era colpevole di aver molestato sessualmente una bimba di soli 4 anni. Ma la Corte di Cassazione ha annullato tutto e rimandato gli atti in appello per rifare il processo. I motivi ancora non si conoscono, ma la decisione dei magistrati romani confermano tutta la delicatezza e le difficoltà nel giudicare le presunte violenze sui bambini.

Il racconto della bimba

La vicenda, anche dal punto di vista umano, è connotata da risvolti drammatici e incredibili. Come il fatto che la compagna dell’imputato, amica di vecchia data della mamma della bimba, ha creduto alla denuncia nei confronti dell’uomo con cui aveva condiviso vent’anni di vita.

L’imputato protagonista del complesso iter processuale è un professionista conosciuto e stimato. Negli anni scorsi, tra la cerchia di amici, aveva anche una coppia di comaschi. Un rapporto di grande confidenza, al punto di frequentarsi con regolarità - a dispetto della lontananza - e di organizzare anche delle vacanze assieme.

La situazione precipita una domenica sera di inizio autunno del 2017, quando la figlia, di soli 4 anni, della coppia di amici dell’ingegnere mentre parla con la mamma racconta di tre episodi nel quale l’uomo l’avrebbe molestata sessualmente. Ovviamente è impossibile dar conto delle parole esatte e chiaramente la parola “molestia” non è mai uscita dalla bocca della bimba, ma la traduzione del suo racconto in termini giuridici è questa.

I genitori vogliono capire meglio la questione. Fanno passare i giorni. Poi la mamma decide di confrontarsi con la sua amica, la compagna dell’imputato. A lei racconterà le confidenze della bambina. «La rivelazione pur se mi ha scioccata non l’ho trovata impossibile» racconterà in aula, davanti al Tribunale di Como, la donna. Dicendo anche: «Ho subito creduto» al racconto della bimba riportato dall’amica. Solo a questo punto i genitori della piccola decidono di rivolgersi al sezione soggetti deboli della squadra mobile di Como e formalizzare la denuncia.

Scatta la perquisizione a casa dell’ingegnere - che nulla ha saputo nel frattempo, perché la compagna ha deciso di non rivelargli le confidenze fatte - e i poliziotti trovano sul computer delle fotografie catalogate come “pedopornografiche” (tanto si è aperto un processo, per la detenzione di queste immagini, a carico dell’uomo).

I processi

Nel mentre viene disposto il cosiddetto incidente probatorio, ovvero la bambina viene sentita dal giudice delle indagini preliminari assieme a una psicologa per verificare il suo ricordo o il suo racconto sulle confidenze fatte alla madre mesi prima.

Ed è probabilmente questo passaggio lo snodo sul quale - in attesa di comprendere meglio le motivazioni - la Cassazione probabilmente ha annullato le due sentenze di condanna a carico dell’imputato. Infatti, in occasione dell’incidente probatorio, la piccola si è rifiutata di riferire alcunché contro l’amico di mamma e papà e non ha neppure confermato il fatto di aver subito molestie da alcuno.

Secondo gli avvocati difensori l’incidente probatorio avrebbe fornito uno scenario completamente differente rispetto a quello che emerge dalle sentenze di condanna emesse a Como e Milano, e questo perché i giudici - secondo i difensori - avrebbero omesso passaggi cruciali di quell’audizione, senza spiegare il motivo per cui lo avevano fatto.

In Tribunale a Como, dove l’imputato - che non ha mai accettato di sottoporsi a interrogatorio - ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee durante le quali, molto pacatamente, ha riferito il proprio di spiacere per il fatto «che alcuni miei comportamenti siano stati letti in modo sospettoso» dai genitori della bimba.

I giudici di primo grado avevano condannato l’uomo a sette anni e 8 mesi di carcere. In appello, a Milano, la sentenza era stata quasi dimezzata. Infatti la corte aveva deciso di applicare il passaggio dell’articolo sulla violenza sessuale che punisce i «casi di minore gravità», per i quali la condanna finale è diminuita non oltre i due terzi. Risultato: 4 anni di reclusione.

Ora la Cassazione ha rimesso tutto in gioco. Rimandando il fascicolo alla corte d’Appello per un nuovo processo di secondo grado.

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