Sant’Abbondio
Il vescovo a Como
«Alzati e riparti»

Ieri sera in basilica il messaggio. Cita i senzatetto: «Finché c’è chi vive nel degrado vuol dire che la luce non illumina le nostre scelte»

È una Como che deve rialzarsi e ripartire dopo la tragedia della pandemia quella alla quale si è rivolto ieri sera il vescovo Oscar Cantoni in occasione dei Vespri per la festa di Sant’Abbondio, nella basilica intitolata al patrono, presenti, fra gli altri, il prefetto Ignazio Coccia, il sindaco Mario Landriscina con il vice Adriano Caldara e gli assessori Elena Negretti e Livia Cioffi.

Ripartire certo materialmente ma anche spiritualmente, dopo un evento distruttivo ma in grado anche di innescare dinamiche benefiche, di riflessione e rigenerazione. E riscoperta dei rapporti interpersonali ma anche «istituzionali», in quello che è apparso l’unico rimando ”politico” nel messaggio del vescovo. «Finché nella nostra città - ha detto - uomini e donne vivranno nelle tenebre della solitudine, del degrado, dell’ingiustizia, senza una fissa dimora, significa che la luce non ha ancora invaso le nostre scelte».

La carità deve guidare le nostre scelte: «Su questo non solo saremo giudicati, ma lo siamo già tutt’ora: sono le nostre scelte che testimoniano la verità dei nostri orientamenti fondamentali e determinano o meno la nostra credibilità», si legge nel messaggio, con un richiamo in filigrana anche allo stallo in cui versa l’amministrazione comunale sul fronte del ricovero per i senzatetto.

Per il resto il messaggio del vescovo è stato tutto incentrato sulla ripartenza della città e dei comaschi dopo il picco della pandemia. Monsignor Cantoni ha ringraziato quanti - nel mondo della sanità, del soccorso e del volontariato, della stessa Chiesa - si sono battuti in prima linea contro il morbo, mettendo a rischio e a volte perdendo la propria vita. Poi l’abbraccio alle vittime, morte «in nera solitudine» e ai familiari, privati anche del confronto della celebrazione e della condivisione del lutto. E l’invito a non cedere alla paura, che pure la riscoperta della nostra fragilità e una certa «deformazione da benessere» possono averci inoculato. Al contrario, occorre armarsi di fiducia, trovando dentro di sè nuove risorse ma con la consapevolezza che è «urgente attivare la mistica della fraternità: siamo tutti sulla stessa barca e possiamo salvarci solo ed esclusivamente insieme».

Al termine un ricordo di don Renato Lanzetti, vicario generale della Diocesi, scomparso ad aprile proprio per il coronavirus, la tradizionale benedizione del cero del Palio e il saluto del sindaco, che ha fatto proprio l’appello del vescovo a lavorare uniti per far ripartire le nostre vite. (Barbara Faverio)

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