Zecche, allarme nei boschi
Habitat più favorevole

Lo studio del ricercatore universitario: «Colpa del caldo e dell’incremento di cinghiali e cervi». Ma nell’uomo «i rischi di eventuali contagi sono rari»

Dal 1998 al 2004, a causa delle sue ricerche, è stato ripetutamente punto dalle zecche e non si è mai ammalato. Certo lui i parassiti - e le zecche sono parassiti - li conosce bene, sono il suo mestiere. Lui è Nicola Ferrari, 47 anni, ricercatore e docente all’Università di Milano al dipartimento di Medicina veterinaria, parassitologo, un po’ di Como nel sangue da parte della mamma che era di Monte Olimpino, tante passeggiate nei boschi del Triangolo lariano. Allora, però, di zecche non ce n’erano come adesso. Possibile? «Esiste un generalizzato incremento della diffusione delle zecche - spiega Ferrari, che oggi prosegue le sue ricerche sulla fauna locale in collaborazione con l’Università dell’Insubria - che è il risultato da un lato dell’innalzamento della temperatura e dall’altro da come si è modificato nel tempo il nostro territorio. L’aumento della popolazione degli ungulati (cervi, caprioli, cinghiali, mufloni ndr), i loro principali ospiti, associato all’abbandono da parte dell’uomo delle terre marginali, ha creato un habitat ideale per questi parassiti». Un tempo, ad esempio, le foglie nei boschi venivano raccolte ed utilizzate come lettiere nelle stalle - le foglie sono il luogo ideale per le zecche per superare l’inverno - le foreste e i boschi erano meno abbandonati e più curati.

«Oggi le foreste sono aumentate come superficie - prosegue - ed è cambiata anche la loro composizione». Da qui un aumento della distribuzione di questi parassiti. «Se poi aggiungiamo il fatto che è anche cambiata la modalità di frequentazione dei boschi e della montagna - sottolinea - è normale che ci sia un aumento delle punture». La buona notizia è che «le zecche a differenza delle zanzare, per attivare il loro pasto di sangue impiegano, generalmente, tra le 12 e le 24 ore. Quindi subito dopo essere stati all’aperto la cosa più importante è controllarsi per bene, azzerando questo rischio». Occhio quindi ad ascelle, inguine, dita dei piedi, orecchie, ombelico, perché preferiscono i luoghi umidi e non si fermano certo a braccia, gambe e pancia. Occhio anche ai capelli.

«Tutto sommato la trasmissione all’uomo delle infezioni non è così frequente, il che suggerisce che c’è ancora qualcosa che ci sfugge - sottolinea il parassitologo - È un rischio presente che va gestito e conosciuto ed è giusto che ci sia consapevolezza, che si sappia cosa può succedere, però, ripeto, non c’è alcun allarme». Quanto ai rimedi per eliminare le zecche dall’ambiente, possono essere peggio del problema. «La distribuzione di prodotti chimici - rileva Ferrari - creerebbe un danno all’ambiente peggiore del beneficio e probabilmente non servirebbe neppure ad eliminarle».

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