Applausi all’Olandese volante
in una versione anni Cinquanta

Al Sociale bella serata: l’opera di Wagner resta un capolavoro

Belle voci, promosso il regista, Sabato alle 20,30 si replica

Pur presentando non pochi elementi di novità, “L’olandese volante”(vista e ascoltata giovedì, prima volta in Teatro Sociale) è una delle opere prime di Wagner che, insieme a qualche altra successiva, viene da lui definita “Opera romantica” cioè nuova. Ma “L’olandese” resta un capolavoro per molti aspetti ancora radicato nella tradizione. Diversi i brani che descrivono la natura, riprendono canti popolari, identificano personaggi usando il”numero chiuso” dell’opera coeva cui un’orchestrazione efficace dà un sostegno mai invasivo, anzi determinante.

Già nell’Ouverture compaiono “in nuce” cellule di temi che si troveranno più avanti ampiamente sviluppati: un inizio di quel”Leitmotiv” fondante della produzione più matura? Altri aspetti innovativi: il declamato drammatico dell’Olandese contrapposto a valzerini e melodie viennesi che caratterizzano ogni comparsa di Daland, quasi personaggio d’operetta... Il canto di Senta che sa bene esprimere con”Ballate” la frustazione del banale, pur conscia di un destino ineluttabile cui si sottomette... L’ambientazione storica della leggenda, non dichiarata dall’autore, permette al regista Federico Grazzini il riferimento ai “mitici” anni cinquanta (è una sua personale debolezza, pazienza): sicchè Erik, fidanzato di Senta, da cacciatore, diventa guardiano notturno di una fabbrica che sostituisce la casa della ragazza; la stassa Senta, alla fine, si suicida con un colpo di pistola, anzichè scomparire tra i flutti. I costumi di Valeria Bettella sono rigorosamente legati all’epoca voluta dal regista (quei modelli li ho indossati anch’io!). Un grande aiuto, per potenziare la drammaturgia, è stato dato da luci e videoproiezioni (P. Mauri-L. Scarzella), tutte azzeccate e molto suggestive. Rispettiamo la ferrea logica che conduce le idee di Grazzini, malgrado non si condividano tutte le scelte. Nello stesso tempo assolviamo a pieni voti il regista che sa muovere le masse con vivacità e pertinenza.

Le non facili parti di coro e orchestra hanno trovato in Antomio Greco e in Roman Brogli-Sacher due professionisti di gran classe e molto accorti. Finalmente abbiamo trovato un direttore d’orchestra che non muove l’aria con le braccia ma dà ritmo, indicazioni dinamiche, espressive con determinata ed equilibrata precisione, aiutato da una compagine orchestrale -I Pomeriggi Musicali - in buona forma. Ben scelte le voci del cast: a cominciare da Thomas Hall, Olandese, dalla espressiva emissione baritonale. Alla dolente Senta ha dato vita un’efficace e convinta Elena Nebera, soprano drammatico verace. Caratteristico il Daland di Patrick Simper, bass-bariton di buona scuola. Adeguati gli altri interpreti: Kor-Jan Dusseljee, Erik; Nadija Petrenko, Mary; Gabriele Mangione, timoniere. L’unico appunto da fare al cast vocale è quello di avere poca dimestichezza con il Lied tedesco, alla cui linfa Wagner ha attinto a piene mani. Applausi convinti da un pubblico non così folto. Sabato sera, replica ore 20.30. Maria Terraneo Fonticoli

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