Dopo Finardi e Fatou

una sosta a Cernobbio

Splendida l’esibizione del cantautore milanese che domenica ha convinto vecchi e nuovi fan. Bravo il pianista Cantù, ieri emozioni africane. E domani la Storia dei New Trolls

CERNOBBIO

Ottima partenza per il “Festival città di Cernobbio” che oggi si prende un giorno di pausa prima del concerto della Storia dei New Trolls, domani sera alle 21.30, sempre nel padiglione di Villa Erba a Cernobbio.

La pur capiente struttura straripava di pubblico sia domenica sera per Eugenio Finardi che ieri per la cantautrice africana Fatoumata Diawara.

Il rocker milanese era in splendida forma vocale e visto che per tutta la durata del concerto ispirato alla pubblicazione di un’antologia, “Sessanta”, che riporta la sua età anagrafica (e ora son già 61) non si può non sottolineare che chiudendo gli occhi, ascoltando brani di tanti anni fa si ha la sensazione che non sia invecchiato di un giorno.

Chissà, forse è anche merito della band di Giovanni Maggiore (chitarra), Paolo Gambino (tastiere e pianoforte), Marco Lamagna (basso) e Claudio Arfinengo (batteria), talmente giovani da fare apparire Finardi, capelli bianchi raccolti in uno chignon, lungo pizzo brizzolato, come un saggio maestro di vita orientale.

«Quando ero giovane e arrogante - ha detto all’inizio di una performance che ha visto parole e canzoni alternarsi con pari dignità - ero convinto quasi di fare un piacere al pubblico esibendomi. Adesso che sono più maturo ho capito che grande privilegio sia per me cantare per voi, che avete voluto trascorrere una serata in mia compagnia». Il ribelle degli anni Settanta è rimasto in quel decennio e, infatti, dei pezzi storici manca proprio la “Musica ribelle”, pure se chiesta a gran voce nei bis.

Ma i fan di vecchia data non si possono lamentare visto che il repertorio comunque allinea classici fin dall’iniziale “Le ragazze di Osaka” seguita da “Dolce Italia”, dalla traduzione da Joan Osborne “Se Dio fosse uno di noi”. Ci si sposta agli esordi con il “ritmo della vita” di “Diesel”, con la confessione di “Non è nel cuore” che, racconta l’autore, “ho aggiornato con quest’altro brano, ‘L’uomo’ che è perfino nella stessa tonalità, solo che in mezzo ci sono trent’anni di esperienza in più”. Finardi ha poi rivolto grande attenzione a “Nuovo umanesimo”, un brano con cui ritiene di avere anticipato tematiche poi riprese da Papa Francesco. Grandi applausi per le speculari “Non diventare grande mai” e “Oggi ho imparato a volare” prima di scatenare l’anima blues per una “Hoochie Coochie Man” ripresa da Muddy Waters e una caliente “Estrellita”. Ci si avvia alla conclusione con “Patrizia”, l’energica “Soweto” e le immancabili “La radio” e “Extraterrestre”.

Nei bis “Summertime” e “Amore diverso” e non si può non raccontare dei siparietti divertenti, per il pubblico, con la solerte backliner che tra un passaggio di chitarra e un asciugamano lottava per conto di Eugenio con un ventilatore troppo diretto.

Per “Fatou” basti dire che, ancora una volta, questa regina della canzone africana ha incantato, commosso e scatenato le danze. Menzione speciale per il pianista Andrea Cantù e per il percussionista Simone Gargenti dell’Accademia Giuditat Pasta, che si sono fatti onore aprendo le due serate.

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