Marta Ferradini: «Le spine si fanno rose, potenza della musica»

Eventi La cantautrice domenica all’Officina: «Nel nuovo progetto mie canzoni e di autori che amo: da Bersani a Endrigo»

Ha vinto il Premio Bianca d’Aponte di Aversa, il riconoscimento più prestigioso per la canzone d’autore al femminile. Lo ha vinto con “Martarossa”, un brano scritto a quattro mani con Bungaro, una canzone che dice molto sia della sua indole indomita, nell’arte come nella vita, che della sua musicalità ariosa e della sua voce, duttile, dolcissima, ma grintosa quando necessita. Certo Marta Ferradini ha le note nel dna, figlia di uno dei più apprezzati cantautori italiani. Domenica alle 21 sul palco dell’Officina della Musica di via Giulini 14/B presenta “Di rose e di spine”, un progetto che vedrà l’artista accompagnata da Simone Aiello alla chitarra e da Giancarlo Urso al pianoforte (contributo soci Acli a 12 euro, prenotazioni via WhatSapp al 351/70.66.922 o al 349/28.03.945).

La prima domanda non può essere che questa: quali sono le rose e quali le spine?

Con questo titolo intendevo raccontare come l’arte, la musica in questo caso, può trasformare le cose della vita, quelle belle, le rose, e quelle brutte, le spine, perché anche in questo ultimo caso, possono trasformarsi in rose.

Tra le spine di questo periodo c’è sicuramente il Covid, che ha interrotto la vita musicale per tanto tempo.

Certo, anche in questo caso ho dovuto impegnarmi per trasformare in una rosa anche questo momento che sembrava infinito. Ne ho approfittato per intensificare lo studio e per laurearmi al triennio di pianoforte pop al Conservatorio, avendo il tempo di impegnarmi sei o sette ore al giorno. Tutto in dad, ma la laurea, per fortuna, è arrivata in presenza.

E con la musica come è possibile questa trasformazione?

Penso a una canzone come “Spaccacuore” di Samuele Bersani, un brano che amo molto di un cantautore che apprezzo particolarmente: nasce da un’esperienza negativa, trasformata in una rosa dalla penna dell’artista. Ho scelto brani di autori in cui mi riconosco e mie composizioni.

In greco “antologia” indica una raccolta di fiori.

Mi piace questa metafora floreale: sì, allora è proprio un’antologia della canzone d’autore, non solo italiana, di brani che rappresentano qualcosa di importante per me.

Raccontiamo qualcuno di questi autori.

Non è un discorso riferito solo a chi scrive, ma anche a chi interpreta. Ad esempio ho inserito “Fields of gold”, di Sting, in una versione che prende spunto a quella di Eva Cassidy, grandissima cantante che ha avuto, purtroppo, una vita breve e sfortunata. È stato un grande amore della mia adolescenza e resta una delle mie cantanti preferite. Poi non può mancare Elton John, ma a che un poeta autentico come Jacques Brel con la sua “Chanson des vieux amants”.

E poi ci sono gli italiani...

Certo. C’è Bersani, come ho detto, ma anche Lucio Dalla, ci sono Ron, Michele Zarrillo, Carmen Consoli, il grande Sergio Endrigo.

Ma non mancano i brani originali.

Oltre a “Martarossa”, una canzone molto fortunata, e al singolo “Arcobaleno”, presenterò alcuni inediti.

Si profila un nuovo album all’orizzonte?

Penso di avere trovato, finalmente, la situazione giusta per pubblicare nuove canzoni. Ho tanti brani, ultimamente ne ho scritti alcuni di cui vado molto fiera. Una parla proprio di quelle spine che si devono trasformare in rose. Un pezzo si intitola “Universi di intimità” e racconta di come questa società ci spinga a consumare sempre, senza avere più il tempo neppure di annaffiare un fiore sul balcone. “Vanity fair” racconta un uomo con toni ironici, un maschio davvero da “fiera della vanità”. E “Buonanotte a me” con cui chiudo i concerti.

Oltre ai brani di Ferradini jr. ci sarà un omaggio anche a Ferradini senior, tra gli autori italiani?

Certo, mio padre è sempre tra i miei punti di riferimento, artistici oltre che, naturalmente, umani e “Teorema” è di sicuro tra le rose di questo concerto.

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