«Mio zio Pablo Neruda fu avvelenato»

Venerdì 20 ottobre a Como Rodolfo Reyes, nipote del poeta scomparso nel ’73 e avvocato della famiglia. In corso da dieci anni il processo sulle cause della morte. «L’attenzione del mondo decisiva per arrivare alla verità»

Rodolfo Reyes sarà l’ospite di punta di un incontro a più voci in programma venerdì 20 ottobre alle 17 a La Libreria del Ragionier Bianchi di Como, in via Carloni 80 (nelle piazze del Dadone sopra Esselunga). “Chi ha ucciso Pablo Neruda?” si intitola l’evento cui interverranno anche Roberto Ippolito, autore del libro “Delitto Neruda”, ed Elisabeth Flores, avvocato che rappresenta la famiglia del poeta assieme allo stesso Reyes. Presenta Pietro Berra con Jalisco Pineda. Alessio Brunialti suonerà brani di Victor Jara, cantautore cileno vittima del golpe di Pinochet, alcune poesie di Neruda verranno lette da Jessica Molinari e Lorena Mantovanelli. Organizza l’associazione Sentiero dei Sogni con la Casa della Poesia di Como e la libreria ospitante. Iscrizioni al link https://casoneruda.eventbrite.it

«In conclusione, devo dire agli uomini di buona volontà, agli operai, ai poeti, che tutto il futuro era espresso in quella frase di Rimbaud: solo con ardente pazienza conquisteremo la splendida città che darà luce e dignità a tutti gli uomini. Così la poesia non avrà cantato invano».

Con queste parole Pablo Neruda concluse il discorso tenuto all’Accademia di Svezia, quando gli fu conferito il Premio Nobel nel 1971. È più che mai importante ricordarle oggi, a 50 anni dalla morte del poeta (23 settembre 1973) e del golpe militare in Cile (11 settembre 1973), mentre ancora si sta cercando la verità sulle cause del suo decesso. Una verità che non riguarda soltanto la vicenda personale del poeta, bensì la storia del mondo intero, perché vi è un più che fondato sospetto che non sia morto a causa del cancro, bensì per un’iniezione letale somministratagli mentre era ricoverato alla clinica Santa Maria di Santiago del Cile, in attesa di partire per il Messico che gli aveva offerto asilo politico. Nell’“affaire” rientra anche un terzo stato, gli USA, che come è stato provato tra il 2017 e il 2021 a Roma nel processo intentato dalle vittime italiane del regime di Pinochet, furono sostenitori attivi delle dittatura sudamericane.

Il processo

Ci vuole una pazienza veramente ardente, se si pensa che sono già passati dieci anni e mezzo da quando, l’8 aprile del 2013, il giudice Mario Carroza ordinò l’esumazione dei resti del poeta. Nel 2017 il nipote di Pablo Neruda, che - ricordiamo - è lo pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, venne per la prima volta a raccontare la vicenda in Europa, partendo proprio da Como, dove ha delle amicizie consolidate. Rodolfo Reyes Muñoz è, con la collega e compagna Elisabeth Flores Perez, anche l’avvocato che rappresenta la famiglia e domani tornerà a incontrare il pubblico comasco alla Libreria del Ragionier Bianchi (dettagli nel box qui sotto), dopo una serie di conferenze tenute a Parigi, Capri e Roma.

Lo scorso gennaio avevamo dedicato a Reyes e Flores una seconda ampia intervista sul nostro supplemento culturale “L’Ordine”, dopo quella del 2017 (le trovate nell’archivio digitale http://ordine.laprovinciadicomo.it), perché dal 24 gennaio al 3 febbraio erano previste riunioni ibride (in presenza a Santiago e online) degli esperti forensi internazionali (Canada, Danimarca, USA, Spagna e Cile) che avevano analizzato i resti di Neruda e avrebbero dovuto trarre le conclusioni necessarie per arrivare alla sentenza. Purtroppo, però, il nipote di Neruda, giunto nel Comasco domenica, non ha potuto portarci la soluzione del caso, che continua a incontrare ostacoli burocratici e politici, ma ha comunque con sé un documento prezioso. «Sul punto in cui ci troviamo dell’indagine, mentre è ancora in corso il dibattimento in tribunale - dice - è stato fatto un riassunto dalla coordinatrice scientifica (Gloria Ramírez, nda) su richiesta di un poeta cileno». Una pagina, o poco più, che suona come un appello al mondo a fare pressione affinché non vengano nuovamente attuate tattiche dilatorie per evitare che sia sancita una verità ormai piuttosto chiara e certamente scomoda.

«Credo fermamente che dobbiamo unirci tutti a favore del Caso Neruda - si legge nel documento -, intellettuali, artisti, Popolo e gioventù consapevole, diplomatici, insomma - chi vuole - perché sarà più facile farlo dalla base in su e dall’estero al Cile con un messaggio ineludibile». Quello emerso dalle prove scientifiche. La prima, già esibita da Reyes a Como nell’incontro di sei anni fa, è il ritrovamento nei resti del poeta di «un germe (al 1° posto nella lista delle armi biologiche della Seconda Guerra Mondiale), cioè il “Clostridium botulinum - sottospecie Alaska E43”». Successivamente, «nell’ultimo panel internazionale di esperti genomici tenutosi in Cile (febbraio 2023), è stato confermato che l’insorgenza di detta infezione era avvenuta in vita e non dovuta a contaminazione post mortem». «La seconda cosa dimostrata è che questo batterio è particolarmente patogeno per l’uomo» e a maggior ragione «per Pablo Neruda allora immunodepresso, a causa del cancro alla prostata, della radioterapia ricevuta, delle ripetute infezioni urinarie,dell’età - 69 anni - e del sovrappeso - 90° percentile».

Il veleno ritrovato in un molare del poeta è tale per cui «2 nano granelli di tossina prodotti da detti batteri concentrati nel sangue, hanno il potere di condurre alla morte in poche ore» e «Pablo sarebbe sopravvissuto circa dalle 16 alle 22,30, se i dati della Clinica sono credibili, cosa che non possiamo dire con certezza perché il Certificato di morte medico è ideologicamente falso» non essendo il poeta «morto di cachessia cancerosa, come indicato dalla Santa María, dove perì dopo 4 giorni dal ricovero». Certificato peraltro firmato da un medico “fantasma”, che non risulta in alcun ordine dei medici del mondo.

La poesia profetica

Rodolfo Reyes trova la forza per andare fino in fondo al “caso Neruda” anche nelle opere del poeta. «Ho riletto tante volte l’“Ode al chimico” - riferisce - , perché continua a parlarci da vero conoscitore del mondo microscopico in cui la verità è intrappolata. Leggete in particolare l’ultima strofa di zio Pablo e rimarrete sorpresi». In effetti sembra una profezia: «E là col camice bianco / continua / a cercare / il segno, / il numero, / il colore / della morte / o della vita, / decifrando / il tessuto / l’insegna della febbre / o il primo sintomo / dell’umano sviluppo, / E poi / lo scopritore / sconosciuto, / l’uomo / che ha viaggiato nelle tue vene / o ha denunciato / un viaggiatore di frodo / a sud o a nord / delle tue viscere, / il temibile / uomo con occhio / prende il cappello dall’attaccapanni, / se lo mette, / accende una sigaretta, / ed entra nella via, / si muove, s’allontana, / si sparge nelle strade, / si mescola al folto della gente, / e infine scompare / come il drago, / il minuscolo e circolante mostro / ch’è rimasto là dimenticato / in una goccia nel laboratorio».

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