Stefano Bollani: «Oggi la mia musica celebra la rinascita»

Como Sarà protagonista stasera al Teatro Sociale di un concerto attesissimo che coincide con l’uscita di un nuovo album

Un concerto attesissimo, quello di Stefano Bollani, che torna stasera - giovedì 4 maggio - a esibirsi in un Teatro Sociale sold out, con un assolo di pianoforte che lo ha già visto diverse volte applaudito nella massima sala cittadina. Non era, invece, mai accaduto che il musicista milanese suonasse in coincidenza con la pubblicazione di un album, “Blooming”, a sua volta consacrato al pianoforte solo.

I brani dell’album sono il cuore del concerto?

Sono dei punti di partenza. Come il pubblico sa, le mie scalette possono variare molto e non amo stabilirle prima. Posso dire che sono davvero felice di esibirmi, perché per un anno e mezzo abbondante, come è accaduto a tutti, non è stato possibile e quindi è una vera gioia tornare a suonare di fronte alla gente e per la gente. Una gioia per me e, spero, per tutti, perché la musica deve regalare gioia.

Il disco è nato in quel periodo.

Sì, ho scritto dei piccoli brani per pianoforte, molto intimi, però anche gioiosi. “Blooming”, vuole essere un inno alla fioritura, come suggerisce il titolo e come si vede anche nell’immagine realizzata da mia moglie Valentina. È sua l’idea di questi fiori che diventano dei fuochi d’artificio, per sottolineare questa rinascita.

Com’è cambiato, nel tempo, l’approccio al pianoforte per questo tipo di concerti? Ci sono punti di riferimento, modelli da seguire, oppure da evitare?

Quando mi metto a suonare non faccio questo procedimento mentale, non ho tempo per pensare: è una questione di intuizione. Quando si scrive si può essere più cerebrali e lì spuntano i riferimenti. Allora rubi una frase a Keith Jarrett, un momento a Nino Rota, un’armonia a Prokofiev e una ritmica a Dave Brubeck. Poi ti dimentichi da dove sono arrivate tutte queste suggestioni e la musica torna a essere come deve essere: tua e di tutti.

Tutti nomi importanti.

Ce ne sarebbero tantissimi. Il gusto si forma fin da quando siamo piccolo. Da ragazzino ho conosciuto la musica di Carosone e mi ci sono, letteralmente, aggrappato. Poi però c’è stato Francis Poulenc, e George Gershwin: avevo otto anni e non mi ricordo come mi sono imbattuto in Gershwin, sicuramente è avvenuto per caso. Certi incontri avvengono per magia, certe musiche che se ne ricavano sono frutto dell’intuizione.

Una passione per la musica palpabile in un programma come “Via dei matti n. 0” che ha portato a una celebrità tutta nuova, anche da parte di un pubblico diverso da quello del jazz.

Lo facciamo divertendoci e con passione e penso che sia questo il motivo del suo successo. La soddisfazione più grande per me e Valentina è quando qualcuno ci dice che il figlio, dopo avere visto un clarinettista, per esempio, ha chiesto di imparare a suonare proprio quello strumento. Il programma ha, certo, anche un aspetto divulgativo, ma ricevere una risposta così è per noi davvero una grande gratificazione.

C’è stata una trasmissione di Fiorella Mannoia, il successo di quella di Morgan è storia recente: sta tornando la musica in televisione?

Speriamo! Come noi speriamo di realizzare una terza stagione del programma. Ho visto “StraMorgan” e anche lì si capisce che c’è passione e quando si trasmette questo si conquista il pubblico.

La vostra ha una dimensione familiare, domestica: in tanti vi avranno chiesto se quella è davvero casa vostra.

Non lo è, ma... quasi. Abbiamo cercato di ricostruire in studio un ambiente simile, familiare, dove tutti si sentono a loro agio. Addirittura tutti i libri e i dischi che si vedono provengono davvero dalla nostra abitazione.

Quindi, speriamo, un ritorno del programma. E quali sono gli altri progetti?

Per adesso soprattutto suonare, dopo una pausa così lunga. Diversi concerti da solo, ma anche con orchestre per eseguire il “Concerto azzurro” e il “Concerto verde”.

Stasera al Sociale ci sarà spazio anche per i proverbiali bis a richiesta dal pubblico?

Ecco, non mi piace anticipare nulla, ma sì, questo posso dirlo perché è sempre un piacere e, proprio dopo una mancanza del confronto con il pubblico durata così a lungo, non vedo l’ora di divertirmi con i comaschi.

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