Insulti razzisti in campo
«Cambiamo le regole»

«Probabilmente, sarebbe necessario che il regolamento, che presenta alcune falle, tutelasse maggiormente i giocatori vittime di insulti di questo tipo»

Il mondo del calcio comasco si compatta in una netta condanna dell’episodio avvenuto nella partita tra Arcellasco e Bresso, valida per il campionato regionale degli Allievi U18.

In seguito agli insulti razzisti rivolti da un giocatore ospite (poi punito con una squalifica di 11 giornate) a un ragazzo avversario, la squadra di casa ha deciso di abbandonare anzitempo il terreno di gioco, vedendosi infliggere, però, oltre alla sconfitta a tavolino, anche un punto di penalizzazione e 80 euro di ammenda.

Una notizia che ha toccato da vicino l’intero movimento calcistico provinciale, unito nello stigmatizzare l’accaduto.

Enrico Bello, presidente della Libertas San Bartolomeo, società che conta tesserati di ben 18 nazionalità differenti, ha espresso il proprio parere sulla vicenda: «Purtroppo non siamo nuovi a episodi di questo tipo. Quattro anni fa avevamo tesserato un gruppo di richiedenti asilo e siamo stati anche noi vittime di insulti a sfondo razziale. In quel caso, però, l’arbitro ha avuto la prontezza di espellere il giocatore e far continuare la partita. In questo caso, forse, il direttore di gara avrebbe dovuto sospenderla. Non è stato fatto, quindi la sanzione del giudice sportivo, dopo l’abbandono del campo, era inevitabile. Nella società odierna c’è un’intolleranza latente che, molto spesso, tende a emergere nel calcio. Potrebbe essere utile pensare a progetti per promuovere una cultura del rispetto, come tra l’altro abbiamo fatto anche in passato. Lo sport deve essere una via per far convivere culture diverse, non per dividerle».

Simile la linea di Juri Bocconcello, responsabile del settore giovanile del Bulgaro, una delle realtà emergenti degli ultimi anni. «Il razzismo va prevenuto e non curato - dichiara -. Credo ci sia ancora poca attenzione all’educazione nei settori giovanili. Il fondamento della nostra attività dovrebbe essere quello di insegnare ai bambini i valori dello sport, prima che a essere bravi calciatori. Per questo, è necessario puntare su allenatori che curino la crescita umana accanto a quella calcistica».

E non sono solamente gli extracomunitari a venire discriminati. A inizio marzo, durante la partita Casnatese-Aurora di Terza Categoria comasca, era stato un gruppo di dirigenti e giocatori meridionali della squadra di casa a finire sotto attacco.

«In quel caso si è trattata di una frase infelice dovuta al nervosismo - racconta il ds della Casnatese Matteo Cantale -. Più che l’episodio mi ha preoccupato la difficoltà nel far capire al ragazzo la gravità del gesto. Quello che è successo ai giovani dell’Arcellasco è certamente più grave e condivido la loro posizione. Probabilmente, sarebbe necessario che il regolamento, che presenta alcune falle, tutelasse maggiormente i giocatori vittime di insulti di questo tipo e le loro società. Una maggiore comprensione dall’alto non avrebbe guastato».

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