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Musicoterapia, l’alleata dello sviluppo infantile

Crescere. Curare l’aspetto sonoro favorisce la maturazione della dimensione comunicativa e relazionale

Fin dalla nascita e durante tutta la vita l’essere umano si nutre di ciò che ascolta. Sono le parole e i suoni a formare la sua intelligenza emotiva, a sviluppare la sua creatività, a metterlo in relazione con gli altri. È fondamentale quindi curare l’aspetto sonoro fin dal grembo materno e poi durante la crescita in età infantile. Già attorno al feto, infatti, si crea un universo sonoro, fatto delle vibrazioni materne che nascono dall’ascolto di rumori e melodie. In particolare è il liquido amniotico a veicolare suoni come il battito cardiaco, il timbro di voce, le tensioni muscolari frutto delle emozioni, e consentire così lo sviluppo dell’ascolto e della memoria. Più tardi, quando il piccolo è venuto alla luce, la musica si rivela ancora di più uno strumento utile a favorire la maturazione di tutte quelle qualità connesse alla dimensione dell’ascolto, quindi la creatività, la relazione, e in generale la capacità e la fiducia nell’esprimersi correttamente e liberamente. La disciplina che si basa su queste correlazioni fra musica e sviluppo della persona nella sua totalità è la musicoterapia, i cui risultati si dimostrano fondamentali in particolare nel caso di disturbi del linguaggio, Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento), iperattività e disturbi dell’attenzione. A prescindere da difficoltà specifiche, quello della musica è di fatto un potere fortemente educativo, in grado cioè di far sentire accolto, ascoltato, compreso e valorizzato il bambino. La musicoterapia unisce al semplice ascolto anche il movimento e quindi l’utilizzo del corpo, favorendo il contatto con le emozioni ma anche l’apertura alle relazioni sociali. Di grande importanza è la dimensione ludica: l’elemento musicale è la base da cui il musicoterapeuta parte per stimolare i piccoli a sfide intellettive e fisiche volte a migliorare percezioni, concentrazione ed espressione della propria unicità.

Così la danza libera le emozioni

Nata dall’idea di alcune danzatrici statunitensi che negli anni Cinquanta lavoravano con persone con disabilità e disagio psichico, la danzaterapia ha visto nel corso del tempo una graduale diffusione, complice un rinnovato interesse per la dimensione sacra del ballo inteso come libera espressione delle emozioni. Oggi, la disciplina viene utilizzata per tutte le fasce d’età, anche e soprattutto grazie al suo carattere non performativo o rigoroso. Lo scopo dell’applicazione può essere preventivo, volto quindi a migliorare il benessere della persona, formativo, nell’ambito del team building, psicopedagogico, finalizzato cioè allo sviluppo di competenze emotive e relazionali, e infine specificamente terapeutico, come supporto della riabilitazione in condizioni di disagio psicologico o disabilità intellettive e fisiche. Anche quando sono presenti disturbialimentari e dipendenze, la danzaterapia può migliorare il quadro clinico. Il focus dell’approccio si snoda attraverso queste fasi: la sintonizzazione, la proposta, le parole madre, la musica e gli oggetti stimolo. Fondamentale è il clima di fiducia che viene a crearsi fra danzaterapeuta e partecipanti, che solitamente arrivano a una decina.

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