Coronavirus in Ticino
«Frontalieri al lavoro?
Una scelta scellerata»

Tra 40-50mila lavoratori italiani torneranno in servizio lunedì in Ticino e il sindacato lancia l’allarme per la loro salute

È un attacco frontale - durissimo nei toni e nei contenuti - quello che Roberto Cattaneo, segretario della Uil Frontalieri di Como, rivolge al Governo di Bellinzona, il quale pur avendo ottenuto da Berna un’altra settimana di restrizioni (l’ultima) da lunedì darà ulteriori concessioni ai cantieri edili (da 10 a 15 addetti), alle aziende (dal 50 al 60% del personale impiegato) oltre al riapertura di alcune attività, ad esempio i parrucchieri.

«Saranno tra i 40 ed i 50 mila i frontalieri che lunedì varcheranno il confine - afferma Roberto Cattaneo -. Ho l’impressione che in Canton Ticino non ci sia consapevolezza della gravità della situazione in essere. Il Cantone ha, in proporzione, il doppio dei contagi da Coronavirus del Comasco e il triplo della provincia di Varese. Per questo ritengo le scelte di Bellinzona prive di ogni fondamento logico e sotto molti aspetti addirittura scellerate. Per giunta, il Ticino dal 4 maggio dovrà riallinearsi alle decisioni di Berna, avendo ottenuto, in via eccezionale, l’ultima proroga alle restrizioni per la prossima settimana. Mi sembra un atteggiamento superficiale ed una mancanza di attenzione ai principi che stanno alla base dei rapporti di buon vicinato tra Italia e Svizzera. Credo sia chiara la linea delle autorità ticinesi. Nel malaugurato caso di contagi, i nostri frontalieri non andranno certo in carico alla sanità ticinese, ma torneranno al di qua del confine per tutte le cure del caso. Non è così che si fa».

La linea della Uil Frontalieri di Como è stata avallata dalla Uil Frontalieri nazionale nonché da Cgil e Cisl Frontalieri. Lunedì sarà dunque per il Ticino un ritorno alla normalità quasi definitivo. E questo nonostante i contagi abbiano sì rallentato, ma non si siano del tutto arrestati. Contagi che ieri hanno toccato quota 3106 con 298 decessi, mentre a livello federale i contagi hanno superato quota 28 mila con 1510 decessi. Oltreconfine il dibattito sulla “fase due” ticinese è più che mai aperto. Il sindacato Unia non ha lesinato critiche al Governo di Bellinzona, parlando di «un passo avanti e due indietro». «Dal 3 maggio non sarà più possibile un approccio su base cantonale nella lotta al Covid - si legge in una nota - è un fatto allarmante. L’allentamento delle misure dovrebbe avvenire in armonia con le zone italiane di frontiera».

Questo è il nocciolo della questione. Il Ticino ha scelto di “mettersi in proprio” sin dall’inizio dell’emergenza coronavirus, sfidando i diktat del Governo di Berna ed evitando qualsiasi dialogo transfrontaliero. Ieri non poteva mancare l’ennesima polemica targata Lega dei Ticinesi (Lorenzo Quadri) che ha proposto di fermare al confine i 45 mila frontalieri impiegati nel terziario e per i lavoratori in ingresso di procedere a controlli sanitari. Ma ormai si tratta di una voce confinata ai social.

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