Usura e minacce mafiose al ragioniere
Sigilli a box e case di Santino Cattaneo

L’ex proprietario del Punto Moda e il figlio accusati dai magistrati dell’antimafia

Da amministratore di Santino Punto Moda a vittima di usura ed estorsione con il bollo (secondo l’accusa) della “mafiosità”. È la parabola in cui si è ritrovato il ragioniere comasco Bruno De Benedetto, che deve dire grazie all’inchiesta per bancarotta e frode fiscale che lo aveva fatto anche finire agli arresti e che gli ha dato la forza di raccontare i motivi di tutti quei magheggi sempre alla ricerca di soldi. E quei motivi hanno il nome e il cognome - negli atti della Procura antimafia e del giudice delle indagini preliminari di Milano - di Santino Cattaneo e del figlio Marco Fabrizio Cattaneo.

Entrambi sono indagati per usura, estorsione aggravata ed esercizio abusivo di attività di finanziaria.

Il sequestro

I finanzieri del nucleo di Polizia economico finanziaria delle fiamme gialle di Como, nei giorni scorsi, hanno proceduto al sequestro a carico di padre e figlio di un attico da 750mila euro, un appartamento da 300mila e due box in zona stadio, che i due si sarebbero fatti cedere da De Benedetto dietro a pretese di pagamento, minacce, usura. La vicenda affonda le proprie radici a ben 11 anni fa. All’epoca De Benedetto, dopo aver lasciato lo studio Pennestrì, si portò dietro anche alcuni clienti di quest’ultimo. Tra questi Santino Cattaneo, proprietario fino allo scorso anno del Santino Punto Moda di Gerenzano. L’inizio dei guai nel rapporto professionale con l’imprenditore risale al novembre 2010 quando De Benedetto sarebbe stato costretto a firmare una dichiarazione di riconoscimento di un debito di ben 2,1 milioni di euro («è meglio se firmi, se no ti può succedere qualcosa di grave» le parole «caratterizzate dal metodo mafioso», secondo l’accusa, pronunciate da Santino al ragioniere).

La ricostruzione dei fatti

Secondo la difesa dell’ex imprenditore, quel debito sarebbe legato agli indebiti compensi che Benedetto si sarebbe auto liquidato nel tempo come amministratore delle società della famiglia Cattaneo. Di fatto il fiscalista comasco avrebbe dovuto cominciare a restituire quel denaro pagando 25mila euro al mese per 84 mesi.

Sempre secondo la ricostruzione delle fiamme gialle e del pubblico ministero Pasquale Addesso, ad un certo punto i Cattaneo si sarebbero proposti per finanziare il debito che De Benedetto aveva con loro.

In che modo? Con la cessione delle case in zona stadio di proprietà del ragioniere. In particolare nel 2013 De Benedetto avrebbe ceduto l’attico in cui vive per una cifra di 750mila euro al figlio di Santino. Ma di quei soldi a lui sono arrivati solo 221mila euro. Il resto sarebbe stato trattenuto come un acconto per un maggior credito. A De Benedetto è stato concesso di restare a vivere nell’attico, ma con l’onere di ricomprarselo pagando tutti i 750mila euro entro il 31 luglio 2018. Cosa che non è riuscito a fare, e così dall’1 agosto di quell’anno ha dovuto cominciare a versare 10mila euro al mese di affitto. Secondo l’accusa questo giro è nient’altro che il pagamento degli interessi per il prestito, interessi calcolati come vicini al 30% e quindi considerati usurai.

Ora Cattaneo ha intimato lo sfratto al ragioniere. Ma nel frattempo l’antimafia aveva cominciato a indagare sulla denuncia del professionista comasco.

E così è scattato il sequestro preventivo degli immobili da parte della Guardia di finanza, sequestro pienamente convalidato dal giudice delle indagini preliminari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA