«Il governo ci ascolti. Con il lavoro precario
il Paese non cresce»

Intervista a Daniele Magon, segretario generale della Cisl dei Laghi: «All’esecutivo chiediamo di aprire un vero confronto con le parti sociali»

Il Ddl del Governo sul lavoro interviene sui diversi aspetti della trasformazione del lavoro in atto, ma è stata trascurata una reale e approfondita consultazione con le parti sociali secondo Daniele Magon, segretario generale della Cisl dei Laghi. Il sindacato è presente in modo capillare sul territorio con 40 sedi, di cui 20 in provincia di Como.

In che modo il mondo del lavoro è cambiato?

Non esiste più il lavoro di una vita, che si iniziava da giovani e che, attraverso una progressiva acquisizione di competenze ed esperienza, portava ad alte professionalità. L’estrema diffusione del precariato ha permesso alle aziende di risparmiare rispetto ai contratti a tempo indeterminato ma ha innescato una sorta di sfruttamento dei giovani con l’estensione dei contratti a termine e di altre formule di lavoro temporaneo motivando un ricorso sistematico a questi strumenti per le necessità nell’immediato. Mantenendo a lungo i lavoratori in condizioni precarie non si è investito perché acquisissero professionalità. Sono quelle stesse che adesso mancano.

La responsabilità del mismatch è dovuta alla progressiva crescita del lavoro precario?

Sì, in parte, proprio la mancanza di stabilità nei contratti ha interrotto quella trasmissione di competenze che era il capitale umano della manifattura in particolare. Ora che siamo nel passaggio generazionale e anche in una contrazione demografica questo mancato passaggio di testimone dà luogo a una crisi acuta della ricerca di personale. Siamo in un momento storico paradossale: da una parte servirebbero tecnici e dall’altra abbiamo ancora disoccupazione.

Secondo i dati Istat il tasso di disoccupazione in Italia, a marzo 2023, è calato al 7,8%, con un aumento dell’occupazione femminile: non è un elemento confortante?

I dati fanno riferimento all’acquisizione di un posto di lavoro, ma non è detto che si tratti di “buona” occupazione. Spesso si tratta di posizioni di poche ora lavorate che non consentono di vivere dignitosamente. C’è un contesto legislativo che permette ad alcune aziende di utilizzare contratti ibridi non sottoscritti dai principali sindacati. In questo modo si innescano rapporti di lavoro dove le condizioni e le retribuzioni non sono dignitose. La tutela dei contratti di lavoro stipulati a livello nazionale con le tre sigle sindacali confederate è fondamentale perché negli anni hanno consentito uno sviluppo economico e sociale, mentre vanno evitati quei contratti estranei a questo livello.

Le misure previste dal Decreto Lavoro prevedono la riduzione del cuneo fiscale, una buona notizia?

Certo siamo favorevoli alla riduzione del carico fiscale sulle buste paga, come del resto chiediamo da tempo. Ma perché sia un provvedimento corretto è necessario che il Governo si sieda al tavolo con noi per capire come sia possibile mettere a disposizione della società le risorse per compensare la riduzione delle tasse sul lavoro. Se le tasse sono un bene comune, è necessario operare con progressività e in una logica di ridistribuzione, perché ognuno paghi il giusto e siano tutelati i servizi per tutti. Ridurre le tasse di per sé può andare bene in contesto emergenziale, ma noi chiediamo un sistema che ristrutturi la tassazione e che, se da una parte si riducono le tasse sul lavoro, dall’altra parte ci dev’essere un qualche aumento. Mentre quello attuato non è un provvedimento strutturale. Al di là dei proclami, noi vogliamo capire, in un dialogo costruttivo, quei mancati tributi dove vanno a ricadere, quali servizi rischiamo di sacrificare.

Non basta tagliare gli sprechi per risparmiare sui tributi?

È normale pensare che ci sia sempre qualcuno che spreca e negli anni la continua riduzione del personale pubblico in base a questo pregiudizio ci ha portato oggi ad avere carenza di personale proprio nei servizi essenziali come, per esempio, la sanità. Anche nella pur ricchissima Lombardia ci accorgiamo oggi che il personale medico e infermieristico costituisce un elemento di garanzia per il diritto essenziale alla salute di tutti i cittadini. Lo stesso vale per la scuola o per la pubblica amministrazione dove per anni si è disinvestito in personale e risorse che oggi invece è chiamata a sostenere il carico di lavoro del Pnrr. Non basta ridurre le tasse sulla scorta di qualche pregiudizio su settori che invece sono strategici e garantiscono servizi essenziali.

E quindi?

I tributi vanno sostenuti da tutti in maniera redistributiva e le tasse vanno ridotte in modo adeguato. Se si taglia e basta allora, prendendo ad esempio ancora la sanità, chi può sosterrà le cure privatamente e chi non può attenderà mesi il suo turno. Questo significa che le tasse non sono state ridotte, ma redistribuite e in maniera ingiusta. Per questo chiediamo al governo di sedersi a un tavolo per migliorare insieme lo sviluppo economico del Paese reale.

Una piattaforma per la consultazione esiste da anni, cosa non funziona?

Sono tavoli che non si sono mai concretizzati. Di fatto il Decreto lavoro è arrivato con informativa e non attraverso una consultazione. Chiediamo invece che ci sia una prospettiva di lavoro, anche perché le aziende hanno bisogno di sapere quali saranno in provvedimenti fiscali e quelli relativi all’energia con una visibilità di medio lungo termine, per poter fare investimenti che garantiscano crescita e lavoro certo.

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