«Inflazione a due cifre
Così anche le imprese
non terranno a lungo»

Mauro Frangi, presidente di Confcooperative Insubria: «Nuovo governo, nessun pregiudizio, ma servono decisioni chiare»

Siamo dentro il periodo storico peggiore dell’intero dopoguerra e il difficile deve ancora venire. Gli ultimi dati dicono che tecnicamente non siamo ancora in recessione, ma le prospettive non sono certo positive». Mauro Frangi guarda con preoccupazione ai prossimi mesi, segnati come sono dalle difficoltà legate all’energia e all’inflazione.

Quanto stanno pesando queste difficoltà?

È difficile pensare di convivere a lungo con un’inflazione alta, magari a due cifre. Le famiglie vedono ridursi i loro risparmi e, soprattutto, il loro potere d’acquisto. Molte sono ricacciate dentro l’area della povertà. Le diseguaglianze rischiano di esplodere e diventare ancora più insostenibile.

Quanto è avvertito dalle imprese il problema dell’inflazione?

Per le imprese alta inflazione significa perdita di competitività. Per le Pmi cooperative l’inflazione rischia di trasformarsi in una morsa che le strangola: vendono i loro prodotti soprattutto sul mercato interno e nelle fasce di consumo più sensibili all’inflazione, offrono servizi sociali a famiglie sempre più in difficoltà o alle Pa con tariffe tabellari magari nemmeno adeguate agli incrementi dei passati rinnovi contrattuali figuriamoci ai maggiori costi di questi mesi, gestiscono servizi residenziali per persone fragili nei quali non è possibile risparmiare sull’energia o sul riscaldamento, vincono appalti per lavori e servizi che iniziano mesi, se non anni, più tardi.

Cosa è possibile fare?

Servirebbero – anche per loro e non solo per le imprese giudicate “energivore” - risorse ed interventi pubblici adeguati alla situazione di una “economia di guerra”, ma non siamo tra quelli che chiedono di continuare ad incrementare la spesa pubblica a debito. La zavorra che le future generazioni hanno sulle spalle è già troppo pesante per essere ulteriormente incrementata con nuovo debito.

In tutto questo c’è l’avvio di una nuova fase politica.

Il Paese nelle ultime elezioni ha chiesto un cambiamento. Lo ha fatto chi – una buona metà del Paese che soffre – ha scelto l’astensionismo e lo ha fatto chi ha consegnato ad una nuova maggioranza parlamentare – la più ampia da tanto tempo – la guida e la responsabilità di far uscire il Paese da questa “tempesta perfetta”.

Qual è l’attesa rispetto al nuovo esecutivo?

Non sono tra quelli che mette in discussione la piena legittimità del Governo guidato dalla destra parlamentare. E nemmeno che teme “ritorni al passato” come chi in campagna elettorale, anziché occuparsi dei problemi degli italiani indicando come intendeva risolverli, ha agitato “lo spettro del nero”. Noi non abbiamo di questi pregiudizi e, al contrario, al Governo auguriamo un buon lavoro e di avere successo, nell’interesse dell’Italia, che viene prima di tutto.

Quali sono i passaggi chiave su cui misurerete l’azione di governo?

Ci sono tanti temi che richiedono al Governo decisioni chiare, azioni e scelte rapide per far ripartire l’economia e garantire la tenuta sociale. Ci auguriamo di poter essere interlocutori. Da parte nostra, continueremo ad offrire il nostro contributo e, soprattutto, ad indicare – senza pregiudizi ne corporativismi - come le cooperative possono “dare una mano” alle persone, alle comunità, al Paese in questo tempo difficile.

È questo il compito dell’economia mutualistica e sociale: contribuire a “riannodare fili” per costruire un Paese più unito e più equo.

Qual è la prima richiesta al nuovo governo?

La prima delle nostre proposte in tal senso sarà quella di chiedere al Governo di rimuovere gli ostacoli che impediscono di far partire le energie rinnovabili. Noi siamo pronti a fare la nostra parte lavorando alla costruzione di quelle “comunità energetiche” che possono costituire una risposta, certo non assoluta, ma importante. Le norme per attuarle devono essere rapidamente completate e, soprattutto, manca la scelta di fondo.

Cosa intende dire?

Se vogliamo che le “comunità energetiche” funzionino e, soprattutto distribuiscano equamente i vantaggi tra tutti i loro soci - famiglie o imprese - le comunità energetiche devono essere di natura mutualistica. Non sono vere comunità energetiche quelle che vedono i grandi player, oligopoli dell’energia, fare l’investimento dell’impianto per conto della comunità e poi riconoscere qualche spicciolo di sconto nelle bollette degli utenti. Noi siamo per comunità energetiche autenticamente mutualistiche: in cui, certo con maggior fatica, l’investimento è effettuato dalla stessa comunità dei soci. Solo così gli incentivi statali non ingrassano i bilanci delle grandi aziende con extraprofitti ma possono andare davvero a vantaggio delle stesse comunità.

Cosa chiedete al governo sul lavoro?

Le cooperative continueranno a fare la loro parte difendendo l’occupazione, al Governo chiediamo due cose. Di essere per davvero al nostro fianco nella lotta contro la falsa cooperazione e l’illegalità in economia che la utilizza strumentalmente. Troppe volte i consensi dichiarati sono rimasti solo sulla carta e non si sono tradotti in provvedimenti rigorosi e conseguenti. Colpire chi sfrutta il lavoro ed evade fisco e contributi è un interesse del Paese. Come è un interesse del Paese continuare a sostenere gli strumenti finanziari della Legge Marcora e della Nuova Marcora che – con un investimento per occupato inferiore a un anno di reddito di cittadinanza – hanno consentito di recuperare imprese in crisi, imprese destinate a chiudere per assenza di passaggio generazionale, costituire cooperative tra lavoratori capaci di stare sul mercato e generare lavoro ed occupazione stabile e di qualità.

Siete favorevoli a un adeguamento del Pnrr?

Chiederemo al Governo di migliorare nel concreto il Pnrr. Non serve al Paese un suo stravolgimento, né nelle risorse né nei contenuti. Ma un suo adeguamento è necessario. Si possono tarare meglio gli interventi nella sanità. Si possono accelerare percorsi di riforma per noi importanti, nel welfare come nel fisco. Ancora una volta serve un salto logico: occorre che il Pnrr diventi un ponte tra processi amministrativi e protagonismo delle imprese. Solo così può generare lo sviluppo reale e tempestivo dei territori, aumentare innovazione diffusa tra tutte le imprese, anche e soprattutto le più piccole. Non accettiamo un PNRR che investe solo nei grandi player nazionali privati e pubblici, nelle imprese di Stato, nei territori forti, che non abitua le amministrazioni al partenariato, alla co- programmazione e alla co-progettazione.

Qual è l stato di salute delle imprese cooperative?

Sappiamo tutti molto bene che l’Italia è un Paese che sa rimboccarsi le maniche soprattutto nelle difficoltà. Le nostre cooperative sono campioni in questo. I dati di cui disponiamo ci consegnano uno scenario difficile ma incoraggiante. Esclusa l’ottima performance, che continuerà ancora, del sistema delle Banche di Credito Cooperativo, tengono o addirittura crescono anche le performance delle cooperative in tutti gli altri settori. Oltre la metà delle nostre cooperative chiuderà il bilancio in utile, dopo aver fatto tutti gli opportuni accantonamenti. Migliora il livello di merito creditizio delle nostre PMI cooperative che sono meno rischiose rispetto al recente passato, anche grazie agli sforzi fatti dai cooperatori per rafforzarne la capitalizzazione. Fa ben sperare in una fase che, lo sappiamo, vedrà un credito bancario più selettivo, con tempi di istruttoria più lunghi, tassi più alti e una maggiore richiesta di garanzie.

Quali sono i principali ostacoli che avvertite?

I temi che preoccupano sono quelli che preoccupano tutte le Pmi. A cominciare dalla carenza di manodopera. Per almeno 4 cooperatori su 10 trovare personale, qualificato o meno, è sempre più una criticità. Il tema della sostenibilità energetica, anche se fa ben sperare che cresce l’attenzione verso gli investimenti nella direzione della sostenibilità, rispar mio energetico e riduzione dei consumi. E, infine, il tema della transizione digitale. Siamo consapevoli che il nostro mondo non è ancora sufficientemente attrezzato sotto questo profilo e che molto ci sia ancora da realizzare.

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