Mancano i camerieri
«Paghe basse:
meglio fare altro»

Sui social alcuni casi limite: compensi in nero sino a 3-4 euro e turni di 12 ore. Elli (Fipe-Confcommercio): «Viene applicato un contratto, va alleggerita la pressione fiscale»

È un cortocircuito a tutti gli effetti quello che si sta verificando nel settore dell’accoglienza. Mancano camerieri, portinai, lavapiatti, cuochi, addetti alle pulizie e baristi. Mentre il comparto si rimette in moto, dopo mesi di chiusure forzate, all’appello dei datori di lavoro sembra rimangano sordi soprattutto gli stagionali che da sempre costituiscono l’ossatura portante di questo settore.

Centinaia di messaggi

Da ieri sulla pagina Facebook della Provincia si susseguono centinaia di commenti (525 nel solo pomeriggio) all’allarme lanciato dall’Associazione Cuochi di Como e da alcune scuole alberghiere del territorio riguardo alla drammatica difficoltà di trovare figure qualificate che rispondano alla domanda di manodopera di ristoranti e hotel. E intanto la stagione non aspetta e nemmeno i turisti che sono tornati a visitare il Lario.

Tra chi critica la poca voglia di fare dei giovani e l’attaccamento al sussidio statale di molti, si è fatta avanti prorompente la voce di coloro che numerosissimi denunciano le condizioni di lavoro nel settore.

Tra i commenti molti denunciano compensi irrisori, sino a 3-4 euro all’ora, per turni anche di 12 ore al giorno, spesso in nero. Certo sono casi limite, fare accuse generiche sarebbe ingiusto per un settore che sta lottando per resistere, tenendosi stretto lo storico personale. Attività fortemente colpite dalla pandemia provano a ritornare competitive e non è certo semplice.

Ma dall’altra parte la richiesta di più tutele e di dignità lavorativa da parte di una larga fascia di lavoratori del settore è un aspetto che va considerato da subito, proprio ora che per ristorazione e alberghiero si apre l’anno zero, quello in cui reinventarsi per non soccombere alla crisi.

«Pagate come si deve e vedrete che il personale poi si trova» sottolinea una lettrice. A cui ne fa eco un’altra. “Esistono contratti nazionali, rispettateli. I sabati e le domeniche vanno corrisposti con una maggiorazione”. Parecchi sono inoltre sui social i messaggi di sconforto, in particolare di persone che hanno fatto ad esempio i camerieri per anni e poi delusi si sono dovuti ricollocare, perché le condizioni contrattuali ed economiche non erano tali da garantire loro una sicurezza stabile nel tempo.

È scattato anche il paragone con l’estero: «Ho fatto la cameriera in Olanda. 10 euro l’ora, orario part-time, mance da capogiro dritte nelle mie tasche e un contratto che mi permetteva di affittare casa, tutelata ovviamente dal punto di vista sanitario e della maternità. Capite ora perché non trovate personale?».

Accuse ingiuste

I datori di lavoro però non ci stanno a essere in maniera indistinta additati come i furbetti di turno. «A chi si lamenta del trattamento - scrive un lettore - consiglio sempre di rimboccarsi le maniche e di provare ad aprire una attività propria».

Il vicepresidente della Federazione Italiana Pubblici Esercizi per Confcommercio Como, Mauro Elli, raccoglie la voce di protesta e si fa cassa di risonanza di una richiesta di attenzione indirizzata al Governo: «Il nostro è un settore speciale e vorremmo che lo Stato se ne accorgesse e che tutelasse di più sia i datori di lavoro che i loro dipendenti, abbassando la pressione fiscale e i contributi per le assunzioni. Non sono i datori di lavoro a sfruttare, è una contrattualistica che ci equipara ad altre categorie pur avendo ritmi, orari e impegno richiesto del tutto differenti. I nostri lavoratori, anche gli stessi stagionali che sono da considerarsi dei precari, hanno bisogno di essere più rispettati e di maggior tutele. Finché per far incassare al lavoratore 100 euro il datore ne dovrà versare 200 la situazione non sarà sostenibile. Lo Stato deve intervenire».

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