
Economia / Como città
Sabato 06 Settembre 2025
«Tassa sulla salute e accordo fiscale. Un effetto tenaglia»
Frontalieri Andrea Puglia, vicesegretario del sindacato ticinese Ocst: «Ma rispetto all’Italia il posto di lavoro in Svizzera rimane conveniente»
Tanti gli argomenti di stretta attualità nella lunga chiacchierata con Andrea Puglia, vicesegretario cantonale del sindacato ticinese Ocst, con l’onda lunga del nuovo accordo fiscale - in vigore dal 17 luglio 2023 - quale inevitabile e dibattuto punto di partenza.
Qual è la situazione degli stipendi dei frontalieri - vecchi e nuovi - a due anni (e due mesi) dall’entrata in vigore del nuovo accordo fiscale?
Il nuovo accordo fiscale ha un’incidenza notevole sui salari netti dei nuovi frontalieri. A parità di reddito lordo e condizioni familiari, tra un vecchio frontaliere ed uno nuovo, il differenziale sul netto varia tra un 5% e un 25%. Le retribuzioni lorde di partenza restano però – in moltissimi casi – ben più alte di quelle italiane. Questo fattore, unito alla presenza di una franchigia di 10 mila euro sul reddito imponibile, fa sì che in tanti casi resti conveniente essere un frontaliere ancora oggi.
La trasmissione della Rsi “Patti Chiari” ha messo in evidenza il caso di una venditrice con anni di esperienza licenziata da un’azienda ticinese che al suo posto ha assunto una lavoratrice frontaliera, pagata molto meno. Sono in aumento i casi di dumping salariale?
Non commento singoli dossier, ma il fenomeno dei bassi salari esiste e va contrastato. Non vediamo “un’ondata”, bensì nicchie critiche, che spesso coincidono con quei settori dove non vi è un Contratto Collettivo di Lavoro moderno e stabile. La risposta è far rispettare i minimi legali, introdurre dei nuovi Ccl laddove ancora non esistono e migliorare in genere le misure d’accompagnamento (ispezioni, sanzioni). Come Ocst lavoriamo quotidianamente per migliorare questi aspetti, tuttavia occorrono maggiori sforzi anche da parte padronale.
Cosa fa il sindacato Ocst di fronte alle evoluzioni del mercato del lavoro ticinese, a seguito anche delle dinamiche innescate dal nuovo accordo fiscale?
Interveniamo a tre livelli, tutela salariale e contrattazione collettiva o aziendale, settore per settore; abbiamo poi aperto uno sportello di consulenza fiscale e previdenziale per nuovi e vecchi frontalieri (valutazione dell’offerta tassazione, telelavoro, leggi sui frontalieri in generale). Esercitiamo infine azioni di continuo monitoraggio del mercato del lavoro in sinergia con le autorità ticinesi.
È ancora conveniente il posto di lavoro oltreconfine, a fronte anche del fatto che i primi importi delle tasse post accordo fiscale sono stati recapitati ai nuovi frontalieri?
In molte professioni sÌ, retribuzioni e stabilità restano competitivi. La convenienza si assottiglia nei casi dei profili ad alto valore aggiunto, che già in Italia godono di buone condizioni retributive e di politiche di welfare competitive.
Il dato relativo ai permessi “G” occupati in Ticino al 30 giugno scorso è tornato ad aumentare dopo due trimestri negativi. Come spiega questo segno “più”?
Dopo due trimestri in calo, nel II trimestre 2025 i frontalieri in Ticino sono saliti a 78855 (+0,4% sul trimestre, –1,2% su base annua). È un rimbalzo stagionale (turismo, ristorazione) in un quadro congiunturale solido ma meno brillante.
La Lega dei Ticinesi è tornata a puntare l’indice contro i frontalieri, dopo mesi di silenzio, parlando di 1200 frontalieri in più su base annua occupati in Ticino. Sono numeri in linea con il trend federale?
I numeri ufficiali dicono altro. Su base annua il Ticino è in diminuzione (–1,2%) nel II trimestre 2025, mentre a livello svizzero i frontalieri crescono. Il totale nazionale è attorno a 407 mila con variazione positiva. Dunque il Ticino è in controtendenza rispetto al dato federale.
Venerdì a Como si è riunito il Consiglio sindacale interregionale per definire le strategie da adottare dopo che sostanzialmente da parte di Regione Lombardia è stata confermata l’applicazione della “tassa sulla salute”. Quale è la posizione di Ocst? Sarete al fianco dei sindacati italiani in caso di ricorso alla Corte Costituzionale?
Siamo contrari alla tassa salute per ragioni di merito e legittimità (rischio di doppia imposizione e frizione con gli accordi internazionali). La misura non è ancora operativa. Le Regioni stanno definendo i decreti. Regione Lombardia ha annunciato una tariffa minima del 3% e l’ipotesi di destinare il 30% del gettito a un “welfare di frontiera”. Ocst continuerà la mobilitazione insieme ai sindacati italiani; se decideranno il ricorso alla Consulta, metteremo a disposizione il nostro supporto tecnico.
La “tassa sulla salute” e’ un prelievo obbligatorio introdotto dalla Legge di bilancio italiana 2024 sui “vecchi frontalieri” entro fascia (con rientro giornaliero), a finanziamento del Servizio sanitario nazionale. L’aliquota va dal 3 al 6% del reddito netto, con un minimo 30 euro e massimo di 200 euro al mese. L’attuazione è demandata alle Regioni di confine. Regione Lombardia applicherà la tassa sulla salute al 3%.
La tassa esiste “sulla carta”, ma non è operativa. Mancano i decreti regionali e non c’è scambio dati sui “vecchi frontalieri”, vale a dire i nostri lavoratori occupati oltreconfine prima del 17 luglio 2023.
All’orizzonte si profila un sistema di autocertificazione. Il 22 luglio 2025 Regione Lombardia ha comunicato, come anticipato. l’intenzione di applicare la tariffa minima 3% e di destinare fino al 30% del gettito a un welfare di frontiera.
«Siamo contrari alla “tassa sulla salute” perché iniqua (esistono già i ristorni), ingiustificata e potenzialmente in contrasto con il nuovo accordo fiscale che mantiene la competenza impositiva svizzera sui “vecchi frontalieri” - la posizione del sindacato Ocst -. Con i sindacati italiani ne chiediamo il ritiro o, in subordine, la trasformazione in contributo volontario».
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