Voto anti frontalieri
L’Udc va all’attacco
ma cresce il fronte del no

L’ultimo sondaggio: il 61% è contrario. Ma il partito della destra rilancia: «In Ticino disoccupazione cresciuta»

A poco più di tre settimane dal voto federale anti-frontalieri e anti-Europa - urne aperte il 27 settembre - gli svizzeri sembrano avere le idee chiare sul da farsi, non così il Ticino (67311 i frontalieri impiegati nel Cantone di confine al 30 giugno).

È un sondaggio del gruppo Tamedia a certificare che, a livello federale, il 61% degli aventi diritto al voto oggi non è pronto a rinunciare ai bilaterali con l’Europa né alla presenza dei frontalieri. Dunque, tutto deve rimanere com’è, come ha più volte specificato - senza troppi giri di parole - anche la presidente della Confederazione, Simonetta Sommaruga.

Più passano le settimane più aumenta il “partito” di coloro che non vogliono staccare la spina con l’Europa: a metà agosto il 56% si era espresso per il “no”, percentuale ora salita al già citato 61%. Resiste - almeno nei sondaggi della vigilia - il Canton Ticino, dove la metà degli elettori - grazie anche alla campagna elettorale particolarmente tambureggiante (con annesso corollario di polemiche, come vedremo) dell’Udc - vorrebbe rimettere in discussione i rapporti con l’Unione Europea e, per diretta conseguenza, vorrebbe ridefinire i rapporti di forze con i frontalieri occupati nel Cantone di confine e nella Confederazione. Il Ticino è oggi l’unico Cantone dove le argomentazioni dell’Udc hanno fatto breccia. Sia nella Svizzera tedesca che in quella romanda, gli elettori non sembrano essere pronti a dare l’addio ai solidi accordi in essere con Bruxelles. In queste settimane, l’Udc - ma anche la Lega dei Ticinesi - deve dunque mettere in campo uomini e mezzi per convincere gli indecisi. Il consigliere nazionale Udc, Piero Marchesi, nelle ultime ore ha giocato la carta dell’impennata della disoccupazione sia in Canton Ticino che in Svizzera dall’introduzione della libera circolazione (2002) in poi. «Dal 2002 la disoccupazione è schizzata alle stelle - sottolinea il consigliere nazionale dell’Udc -. Dal 3,5% si è passati al 4,7% a livello federale, mentre in Canton Ticino la disoccupazione è lievitata dal 4 al 7%, mentre nella vicina Lombardia si attesta al 5,1%».

Piero Marchesi ha preso come riferimento l’indice internazionale Ilo, che quanto a percentuali si attesta su valori molto più elevati rispetto a quelli indicati dalle percentuali che fanno capo agli Uffici regionali di collocamento ed alla Segreteria di Stato dell’Economia. In base all’istantanea scattata dall’Udc, mentre in Lombardia la disoccupazione è scesa dal 2014 in poi di quasi 3 punti percentuali, in Canton Ticino vi è stato un leggero ritocco al ribasso, ma la percentuale del 7% resta sostanzialmente il valore di riferimento. Da qui il nuovo appello a votare “sì” il 27 settembre, anche se proprio in Ticino - come annunciato sabato da “La Provincia” - l’Associazione delle Industrie ticinesi (Aiti) ha respinto al mittente la “Swissexit”, ribadendo la propria fiducia all’Europa ed ai frontalieri.

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