Amadeus, Gregoraci
e il circo Sanremo

E così, visto che da queste parti la politica è una cosa seria, pare che Amadeus, oltre che maschilista, sessista e machista, sia - cosa molto, ma molto più grave - pure comunista.

La denuncia è stata formalizzata alla libera stampa da Elisabetta Gregoraci, che ha sostenuto di essere stata tagliata dalla co-conduzione de “L’Altro Festival”, ossia il dopo Sanremo, perché donna di destra e quindi del tutto fuori sintonia rispetto al regime sinistroide che impera sul palchi della kermesse, a quanto pare uno degli ultimi bunker, molto più della periclitante Emilia-Romagna, ancora non conquistati dall’ondata populista che sta spazzando le terre del Belpaese. E che quindi non può permettersi di concedere un ruolo di prestigio all’interno del più atteso evento televisivo dell’anno a una vip legata per così tanti anni a uno dei campioni della destra più aggressiva quale Flavio Briatore. Tutto vero. Ora, trattenendo a stento l’istinto di chiamare la Croce verde e far portare via tutti - ma si sa che la dimensione grottesca, siamo o non siamo nel centenario di Fellini?, emana un magnetismo irresistibile - ci sono almeno un paio di cose che non tornano nel ragionamento della Gregoraci e in tutto il can can seguìto alla maldestra e per questo spassosissima conferenza stampa di presentazione del Festival. Durante la quale il noto presentatore ha inanellato una serie di gaffe fantozziane che ne hanno sancito l’immediata condanna con fucilazione alla schiena da parte del Tribunale dei benpensanti della repubblica delle banane.

Vediamole in ordine sparso. Innanzitutto, come è possibile che Amadeus sia di sinistra se contestualmente viene accusato di possedere i difetti tipici, distintivi, dirimenti del classico energumeno di destra? Come fa ad essere, così sostiene la Gregoraci, un lacchè del politicamente corretto, dell’egemonia culturale progressista, un intellettuale organico del Pd che boicotta e ghettizza qualsiasi volitivo profilo femminile non cooptabile, non addomesticabile, non irregimentabile nel monopensiero buonista, visto che da sempre conduce programmi nazionalpopolari figli della peggior sottocultura televisiva berlusconiana? E come fa a essere un fighetto di sinistra - e cioè, sostanzialmente, “una roba da froci”, come chioserebbe un qualche intellettuale del pensiero sovranista - se allo stesso tempo viene incriminato di usare le donne come oggetti, come soprammobili, come veline, selezionate solo e soltanto in quanto bonone, piacione e strapazzone fidanzate di, mogli di e amichette di? Più Fregoli che Amadeus... E poi, come si combina il fatto che la stessa Gregoraci un minuto prima si definisca penlizzata in quanto donna tenace, pugnace e verace non incline a mezzucci e compromessi perché è una che arriva dalla gavetta e si è fatta un mazzo così per emergere senza ombre dalla tonnara del rutilante mondo dello showbiz e un secondo dopo affermi di aver subìto questo trattamento in quanto ex compagna di un guru destrorso come Briatore? Conferendo quindi la sua unica ragione di vita sociale non tanto a quello che ha fatto in carriera (a proposito, che ha fatto in carriera la Gregoraci?) ma a chi aveva sposato?

E come si fa, senza ironie e sarcasmi, davvero come si fa a ululare contro il malcapitato per come ha trattato la fidanzata di Valentino Rossi, che in carriera ha fatto un sacco di cose importanti oltre a essere la fidanzata di Valentino Rossi (a proposito, che ha fatto in carriera la fidanzata di Valentino Rossi oltre a essere la fidanzata di Valentino Rossi?) e a chiederne la testa da sventolare sulla picca del #Metoo italiota se le ululanti sono alcune ex protagoniste dell’immortale “Non è la Rai” di boncompagniana memoria? Perché va bene tutto, siamo uomini di mondo, abbiamo fatto il militare a Cuneo, abbiamo addirittura accettato che un fantolino bibitaro dello stadio San Paolo diventasse ministro degli Esteri - che adesso lui a Erdogan e Putin gli sta facendo un mazzo così… - ma che alcune miracolate del peggio lolitismo, morbosismo, guardonismo applicato alla televisione con i suoi primi piani di tette e culi adolescenziali sui quali sono sbocciate fiorentissime carriere di attrici (?) e showgirl si ergano ora a maestre del pensiero femminista è una roba da urlare “Wilma, dammi la clava!”.

Diciamoci la verità. Che cosa avrebbe mai dovuto dire il babbeo Amadeus oltre che ripetere cento volte che tutte le sue assistenti erano bellissime? Insomma, ci sono altri termini per connotare Diletta Leotta o Georgina Rodriguez? Si è forse dimenticato di citare le loro lauree in fisica nucleare o i loro master in filologia romanza? E poi, da quando in qua la bellezza è diventato un handicap, una vergogna da nascondere, sopratutto in una manifestazione che non prevede per sua natura, nelle cosiddette vallette, professionalità spiccate se non la bella presenza e, si spera, la spigliatezza? Sarebbe grave se si utilizzassero questi criteri per scegliere un parlamentare, un ministro o un consigliere di amministrazione di un’importante azienda pubblica - cosa che non succede mai da queste parti, vero? - non certo per un concorso canoro, una sfilata di moda o un programma di intrattenimento.

Sanremo è Sanremo. Sempre lo è stato e sempre lo sarà. Un goffo, grottesco, carnevalesco scatolone pieno di fuffa, metafora dell’Italia anziana, tradizionalista e divanesca che è sempre esistita ed esiste tutt’ora a pieno diritto, uno show che può piacere o non piacere, ma che è ridicolo voler snaturare da quello che è. Le donne che si sentono offese da un’impostazione del genere evitino di guardarlo, quelle che si sentono sfregiate dal ruolo ancillare assegnato dal presentatore lo rifiutino (non risulta che nessuna sia stata costretta con la pistola alla tempia), quelle che, infine, vogliono giustamente difendere la parità di genere si cerchino bersagli più seri. Sanremo è un circo. E quando si va al circo non ci si può stupire di trovarci i pagliacci e le donne barbute.

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