Como: quasi uno spot
per il nuovo stadio

Forse era uno spot, un’iniziativa studiata per convincere anche i più scettici che lo stadio va spostato dal centro città. Qualche tifoso l’ha scritto, tra il serio e il faceto, commentando le scene surreali viste venerdì notte a Como. Fosse davvero così, sarebbe facile spiegarsi perché centinaia di comaschi sono rimasti bloccati in auto per oltre un’ora, in attesa che i sostenitori della Cremonese lasciassero, a loro volta in macchina, la zona del Sinigaglia.

Su questo tema bisogna chiarirsi le idee, una volta per tutte, mettendo fine a un dibattito – tanto estenuante quanto sterile – che dura da trent’anni. Detto brutalmente: o ci si organizza per evitare che la città finisca puntualmente ostaggio di una partita di calcio, oppure si prova a intavolare un discorso serio per valutare se la società più ricca del calcio italiano voglia davvero realizzare un nuovo impianto fuori dalla convalle.

A scanso di equivoci: chi scrive segue il Como da quando era un ragazzino ed è un fautore della linea “il Sinigaglia resta dov’è”. Tuttavia, lo scenario dell’altra sera non è tollerabile. Qualche interrogativo: perché a centinaia di tifosi della Cremonese è stato consentito di raggiungere Como con mezzi propri? Perché non sono stati fermati a Grandate e portati allo stadio sui pullman? Perché a fine partita sono stati fatti partire alla spicciolata, a gruppi di cinque-sei auto alla volta, con il risultato di bloccare via Recchi per oltre un’ora? E ancora: perché gli ultras grigiorossi sono stati fatti accomodare in tribuna, di fianco ai tifosi azzurri? Chi l’ha deciso e in base a quali considerazioni sul fronte della sicurezza?

E verrebbe da aggiungere, ma il discorso ci porterebbe lontano: perché in occasione di partite di serie C senza tifosi ospiti si blinda mezza città, arrivando a sequestrare all’ingresso ombrelli e bandiere, ma poi si lasciano scorrazzare per ore a piedi gli ultras della Cremonese, con (prevedibilissimo) contorno di scazzottate?

Insomma, ci si organizza poco e male, per poi stupirsi se le cose non vanno per il verso giusto. Eppure la serie B non è una novità da queste parti, la collocazione dell’impianto non è una sorpresa (è lì da cent’anni) e non lo sono nemmeno le intemperanze di alcuni tifosi.

Fatto sta che c’erano persone bloccate in auto che se la sono presa con gli agenti della Polizia locale, agli incroci, sbraitando in preda quasi a crisi di panico. E a mezzanotte passata abbiamo sentito un vigile sbottare, parlando alla radio con qualche superiore che stazionava in zona stadio: «Basta! La gente ha ragione! State esagerando, datevi una mossa e fate partire le auto di ‘sti tifosi! Qui ci sono persone bloccate da un’ora!». Ma quando le strade vengono riaperte al traffico, è già sabato da un quarto d’ora, e i clacson suonati per protesta coprono quelli dei caroselli dei tifosi ospiti.

Il campionato è finito, per il prossimo vogliamo proseguire così? In serie B, sperando che il Covid non torni a tormentarci, ci sono squadre che “muovono” centinaia di tifosi anche in trasferta, per non parlare di un’eventuale serie A (tutti gli scongiuri del caso sono autorizzati). Giriamo la domanda, certi che prenderanno le dovute contromisure, alla Questura, alla Polizia locale, al Comune e allo stesso Calcio Como, che ha già dimostrato di non tirarsi indietro se c’è da dare una mano anche al di fuori degli ambiti strettamente di competenza (paga per esempio gli straordinari dei vigili, in occasione delle partite). E ovviamente sarà un tema da mettere in cima all’agenda del prossimo sindaco del capoluogo.

Lo spot per spostare lo stadio fuori città è perfettamente riuscito, l’altra sera. Ma così non vale.

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