Draghi,dopo lo sci
basta slalom

Per essere il “governo del Nord”, quello di Mario Draghi ancora in culla, ha già dato un bel dispiacere al Settentrione con l’annuncio, a poche ore dell’apertura, del rinvio al 5 marzo per l’utilizzo degli impianti di sci. Che significa, lo ha sottolineato qualcuno, come dire ai gestori delle spiagge che possono utilizzarle a partire dal 15 settembre. Il premier ha “coperto” il ministro alla Salute riconfermato, Roberto Speranza, reo di mantenere la brutta abitudine delle comunicazioni cruciali di sera, tipica dell’esecutivo di Giuseppe Conte, che però era un governo del Sud, vista la composizione della squadra.

La decisione sullo sci era forse inevitabile perché chiesta a gran voce dal Comitato tecnico scientifico che è solito assumere le proprie posizioni sulla base dei dati della pandemia che tornano a preoccupare per colpa delle varianti del Covid, ma anche perché noi italiani non ce la facciamo più a trattenerci, come ha dimostrato l’assalto scellerato alle città turistiche della domenica di San Valentino magari più nocivo di una sciata bardati con guanti, passamontagna, occhialoni e mascherine. Ma la zona gialla consente le escursioni all’interno della stessa regione e allora vai a spiegarlo che sì, però, ci vogliono comunque precauzioni e non è il caso di assembrarsi.

Quello della gestione dell’epidemia rischia di essere il tema più spinoso del nuovo governo. Le regioni settentrionali, a guida centrodestra, si erano più volte scontrate con i precedenti ministri tutti espressione dell’avversa maggioranza giallorossa. Questa volta possono contare sulle quinte colonne dei rappresentanti “nordisti” ed espressione del loro medesimo partito, Lega o, un po’ meno, Forza Italia, certo più propensi ad allargare le maglie per tutelare il proprio blocco sociale di riferimento che non il Pd o soprattutto i Cinque Stelle.

Intervenire sulla pattuglia dei tecnici, come invoca Matteo Salvini, è piuttosto scivoloso. Perché significherebbe sconfessare quanto fatto finora, con grandi sacrifici, da parte degli italiani, per contrastare l’epidemia, con il rischio di minare la credibilità degli esperti, che magari non sono infallibili, ma è doveroso ascoltare.

La partita per Draghi è molto complessa. Con ogni probabilità il presidente del Consiglio ne era conscio, ma ora dovrà dimostrare di gestirla. E non sarà facile. La coperta sarà sempre corta perché a dispetto dei proclami sui supremi interessi della Patria pronunciata con la maiuscola, i partiti, che hanno l’occhio comunque rivolto alle elezioni che prima o poi ci saranno, continueranno a cercare di lisciare il pelo alla propria ggente, con la minuscola ma la doppia iniziale rafforzativa. Il rischio, poi è che il governo del Nord, anche per rimediare allo scivolone sulla neve, si concentri sui fondi del Recovery per premiare l’area più produttiva del paese nel timore degli sperperi e dell’egemonia delle mafie (peraltro non certo estranee al settentrione) nei territori del Sud.

Sarà il programma con cui Draghi andrà a chiedere la fiducia a illuminarci. La speranza è che il premier già in orbita quirinalizia sappia resistere alle numerose tirate di giacchetta e decidere per conto suo o assieme agli uomini di fiducia piazzati nei ministeri chiave su scelte che, specie per quanto attiene al contrasto della pandemia, potrebbero (o dovrebbero?) anche essere impopolari perché altrimenti, in attesa che i plotoni dei vaccini si trasformino in battaglioni, non ne usciremo più e anche la nostra tenuta nervosa, di fronte ai bollettini dei contagi sempre fotocopia di quelli del giorno precedente, rischierà di cedere.

Insomma, dopo quello sullo sci, meglio evitare altri slalom. Meglio un discesa libera. Sia pure ardita.

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