Gorbaciov e le illusioni degli anni ottanta

Una canzone di Raf, “Cosa resterà di questi anni ‘80”, parla, non a caso di Mikhail Gorbaciov. Con lui forse muore del tutto il ricordo di un’epoca, in cui l’allora ultimo segretario del Partito Comunista Sovietico rappresentava una speranza che poi non si è realizzata.

Gorbaciov è una perfetta metafora di quegli anni, con la generazione dei baby boomer che passava dall’adolescenza all’età adulta, la nazionale di calcio italiana vinceva un insperato campionato del mondo di calcio e il nostro paese che era la quinta potenza industriale del mondo.

Un’epoca edonista anche per reazione alla cupezza e al terrore che avevano caratterizzato il decennio precedente in Italia, quello del terrorismo e della violenza, culminato con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Un periodo, gli ’80, caratterizzato anche da una famosa frase pronunciata da un protagonista politico di allora, Bettino Craxi, “La nave va”, titolo di un film di Fellini. Invece la nave Italia naufragò assieme al leader socialista negli anni successivi, quelli della recessione e di Tangentopoli.

Anche l’Unione Sovietica e tutto il suo impero dell’Est erano avvolti nella cupezza e nel terrore quando Mikhail Gorbaciov diventò Primo Segretario del Pcus. Stupì per la giovane età, solo 54 anni. Prima di lui in quel posto si erano brevemente alternati due “sepolcri imbiancati” quali Jurj Andropov e Konstantin Ustinovič Černenko che avevano di fatto lasciato le cose com’erano al tempo di Leonid Il’ič Brežnev, il leader di lungo corso che aveva cancellato le timide aperture all’Occidente di Nikita Krusciov.

La storia sembrava essersi fermata. Giorbaciov tentò di farla ripartire proprio perché figlio di quell’epoca di speranze e illusione. Quando fu eletto girava anche una battuta sessista perché la sua adorata moglie Raissa non aveva, secondo l’autore del calembour, le fattezze di un trattore come le consorti degli ex capi del Pcus. Anche questo, al di là del dubbio gusto, era un segnale.

C’è da ripensare a quell’epoca, paragonata a quella di oggi che pure in qualche modo ne è figlia. Perché se esiste la Russia di Putin è anche a causa del fallimento della politica forse troppo frenetica di riforme economiche e sociali di Gorbaciov simboleggiate nel titolo di un volume, Perestrojka, che fece rapidamente il giro del mondo. E se oggi l’Italia e buona parte dell’Occidente si trovano in un periodo di incertezza, al netto del Covid, è perché le aspettative nate in quegli anni ’80 non si sono realizzate, proprio come quelle dell’ultimo capo dell’Unione Sovietica. Gorbaciov tentò di riformare un sistema che non reggeva più, ma ne accelerò invece il crollo. Si può dire che sia accaduto lo stesso in Italia, con tante riforme annunciate e mai realizzate e l’illusione di una prosperità economica che aveva la stessa solidità di un castello di carte.

Gorby accelerò la dissoluzione dell’Urss e fu poi lasciato solo dai compatrioti e dai leader occidentali che gli preferirono Boris Elstin da cui discende Putin. La fine degli anni ’80 segno la sua disillusione e quella di un decennio di speranze e promesse che non si realizzeranno.

Forse allora non si era compreso fino in fondo quanto benessere si stava vivendo. Certo, il confronto con l’epoca attuale è impietoso. Eppure, come detto, per la Russia e il resto di quasi tutto il mondo le basi furono messe proprio all’era, nell’epoca spensierata e innocente, simboleggiata in Italia anche dal celebre programma di Renzo Arbore, “Quelli della notte”. La notte era dietro l’angolo e con la morte di Gorbaciov, degli anni ’80 non resta ora proprio più nulla.

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