
Editoriali / Lago e valli
Martedì 15 Luglio 2025
Il caso della Variante della Tremezzina: promesse e chiacchiere disperse nel tunnel
Ci sono dei momenti, nella vita, in cui bisogna avere il coraggio di chiedere scusa. E questo è uno di quelli.
Quanto li abbiamo irrisi i nostri grandi politici, i nostri formidabili amministratori, i nostri impeccabili burocrati - delle vere arche di scienza, niente da dire - quanto li abbiamo sbertucciati e diffamati e svillaneggiati in questi lunghi anni, quanti titoli accusatori, quante facili ironie, quanti sarcasmi velenosi su lorsignori del Palazzo che dormono e magnano e brigano e intrallazzano invece di lavorare per il bene dei comaschi, per il futuro dei nostri giovani e delle nostre aziende, per lo sviluppo del territorio e bla bla bla.
E invece, eccoci qui. La data di consegna della Variante della Tremezzina è confermata e firmata con il sangue su un contratto che vale più della Magna Carta. Il 10 aprile 2028 - è cioè tra soli 1.000 giorni - la strada che porrà fine per sempre ai tragici problemi di mobilità sulla statale Regina verrà aperta al traffico pubblico e privato, mettendo finalmente a tacere tutte le malelingue che in questi lustri si sono permesse di dubitare della sagacia, della perspicacia e dell’efficacia delle nostre meravigliose classi dirigenti, della nostra ancor più meravigliosa Anas e della assolutamente meravigliosa burocrazia che, tutte insieme appassionatamente, stanno compiendo un vero e proprio miracolo ingegneristico senza nemmeno un giorno - nemmeno un giorno! capite? - di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Precisi come degli orologi svizzeri. Esatti come degli scienziati di Cape Canaveral. Puntuali come i treni di quello là. Mancano solo 1.000 giorni. E 1.000 giorni volano. E tra 1.000 giorni ci sarà da festeggiare, tutti quanti stretti a coorte. Su questo possiamo stare davvero tranquilli: è mai successo, putacaso, che una scadenza non sia stata rispettata nella nostra amata, feconda e autorevole Nazione?
E infatti, basta passare dai due cantieri di Colonno e Griante per rendersene conto di persona. Centinaia e centinaia di operai e specialisti al lavoro, dodici mesi all’anno, sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro, tutti a scavare e a smuovere e a esplodere e a drenare e a trasportare, come un alacre formicaio, come un alveare di apine operose, le vediamo tutti, passando in macchina lentamente - tanto il tempo non manca: siamo sempre in coda… - queste squadriglie di lavoratori assatanati che senza posa caricano camion su camion e poi vediamo anche camion su camion che trasportano il materiale a monte o a valle. È incredibile osservare quanti professionisti si muovano in quei cantieri. Ma quanti saranno? Migliaia? Milioni? Miliardi?
E il ministro che non pensa ad altro che alla Variante. E i nostri presidenti e assessori e consiglieri che - tra un taglio di un nastro e un altro, e guai se non appaiono in foto sul giornale, altrimenti sono telefonate di fuoco in redazione… - non pensano ad altro che alla Variante. E i capoccioni di Anas che - tra un “il dottore è fuori stanza!”, “la pratica è alla firma del ministro!”, “ma lei la manda Picone?” e, soprattutto, “qui è tutto un magna magna!” - non pensano ad altro che alla Variante. Ed è così. È proprio così. La prima cosa che fanno alla mattina è chiedere della Variante, la prima cosa su cui discettano pensosi nel pomeriggio, grattandosi la pera, è come procede la Variante, l’ultima cosa su cui riflettono prima di abbandonarsi al meritato riposo dopo una dura giornata di lavoro per il bene della Patria è quanto è strategica la Variante. E poi la sognano pure, la Variante, mentre sono tra le braccia di Morfeo, i nostri leader, i nostri Nobel, i nostri Pulitzer, i nostri statisti, e sognano quanto è bella, sempre la Variante, ovviamente, tutta avvolta in una colata di latte e di miele - altro che arsenico e idrocarburi - con le sue otto corsie, le sue gallerie cartesiane, i suoi ponti avveniristici che tutto quanto il mondo ci invidia. E sognano, sognano, sognano.
Il dramma è che poi si svegliano. E ci svegliamo pure noi. E quando leggiamo sul giornale - su questo giornale, che da anni da solo, o praticamente da solo, dice a questi signori quel che si meritano che gli venga detto - che mancano sono 1.000 giorni e vediamo non in sogno, ma nella vita reale lo stato di assoluto abbandono in cui versano i due cantieri di Colonno e Griante allora iniziamo a ridere. E ridiamo e ridiamo e ridiamo. Perché è solo in Italia, anche se questa pare che sia l’Italia del Nord, l’Italia civilizzata, l’Italia sviluppata, l’Italia locomotiva d’Europa e forse del globo terracqueo, che può succedere una pagliacciata del genere. E che ci sarebbe da vergognarsi e da scavare una buca profondissima - proprio loro che di scavi sono specialisti - dove nascondersi dentro tutti quanti fino al vero ed effettivo termine dei lavori. Probabilmente tra 10.000 giorni o forse tra 100.000 giorni o addirittura, mai mettere limiti all’imprevedibile genio italico, tra 1.000.000 di giorni.
Comunque sia, oggi sono 1.000 tondi tondi alla consegna della Variante. Da oggi inizia il conto alla rovescia e noi ve lo ricorderemo tutte le mattine che il buon Dio manderà sulla terra. Così che il 10 aprile 2028 noi, almeno, avremo la coscienza a posto. Voi, invece, avrete il tempo per scappare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA