

C’era un tempo in cui le notizie erano di tutti. In cui si alzava il telefono e si poteva parlare con l’attaccante appena arrivato al Como, il medico in prima linea in pronto soccorso, il poliziotto intervenuto a fermare un rapinatore, il dipendente comunale impegnato in un progetto per la città. Un tempo nel quale i fatti accadevano e potevano essere raccontati. Perché un avvenimento è di tutti. E non una questione privata e riservata.
In quel tempo un personaggio come Cesc Fabregas non avrebbe dovuto attendere tre mesi per poter parlare e, di certo, non si sarebbe posto il problema dell’autocensura, impedendo a sé stesso di rivolgersi direttamente ai tifosi comaschi, attraverso la stampa locale. Erano i bei tempi in cui a dettare i ritmi delle notizie era la quotidianità, non certo il calendario degli uffici stampa.
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