Il Vax day come il D-Day
Battiamo il male

Forse i medici e gli infermieri che oggi cominceranno a somministrare i primi vaccini contro il Covid si sentiranno come i soldati delle truppe alleate sbarcati a Omaha Beach nel D-Day del 6 giugno 1944: investiti della missione di sconfiggere il male.

Certo ci volle tempo allora per arrivare a Berlino nel bunker con i resti carbonizzati di Hitler, e ci si misero anche le Ardenne con la controffensiva tedesca. Sarà la stessa cosa adesso perché passeranno ancora mesi prima di ritrovare la normalità. Però il vaccino, come lo sbarco in Normandia, cambierà il corso della storia.

Alcuni giorni fa, alla radio, un acuto ascoltatore immaginava cosa sarebbe successo se Fleming avesse scoperto oggi la pellicinina. “Che cosa? Io mi devo iniettare delle muffe?”, direbbe qualcuno. “Ecco il solito piano della Spectre per farci fuori tutti”, rilancerebbe un altro e così via con gli obiettori e i “no muff” che per fortuna all’epoca non c’erano dato che l’informazione era molto più rarefatta e filtrata di adesso. Perché il problema, cara Heather Parisi e cari no vax, ammesso che siate tali e il riferimento non è a “no vax”, è che siamo talmente bombardati di informazioni sul vaccino e suoi sui presunti danni da finire per perdere di vista la realtà. Che è fatta di milioni di donne e uomini già vaccinati senza apparenti conseguenze nefaste. Che magari potranno sopraggiungere tra dieci anni così come un asteroide cadere sulla Terra e determinare l’estinzione del genere umano. Chi ha ricevuto l’antidoto al virus non è solo una cittadina o un cittadino della Cina e dell’Urss, regìmi totalitari in cui l’informazione (ammesso che sia ancora possibile farlo) è sotto il controllo del potere che avrebbe la facoltà di oscurare eventuali notizie negative sugli effetti del vaccino.

Sono stati “siringati” anche un milione di americani, una nazione in cui neppure i presidenti posso farla franca di fronte a un’opinione pubblica occhiuta e incalzante, e anche parecchi sudditi di sua Maestà Elisabetta nella culla della democrazia moderna dopo quella ateniense.

Insomma se il vaccino avesse evidenti effetti nocivi l’avremmo già saputo. Ovvio, come tutti i farmaci presenta le sue brave controindicazioni: quelle che affollano ogni bugiardino che si rispetti. Non a caso a somministrarcelo non è la vicina di casa che ci fa le iniezioni di cortisone contro i dolori dell’artrosi, ma personale medico e paramedico che dovrebbe essere informato sulle nostre condizioni di salute e sulla possibilità o meno di tollerare il contenuto della siringa. D’altra parte, la generazione di cui fa parte chi scrive si è sempre fatta vaccinare contro tutto senza il minimo sospetto. E siamo ancora qui a raccontarlo. Un’altra immagine di questi giorni, captata sui social è quella della figlia che chiede alla madre la ragione della cicatrice sul braccio rimasta dopo l’antivaiolosa. La risposta è: io “ce l’ho perché non l’abbia tu” e dice molto sull’importanza delle vaccinazioni. Qualche giorno fa, durante la sua visita a “La Provincia”, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana ricordava che quando lui era bambino i suoi coetanei si ammalavano di poliomielite e di difterite e alcuni morivano. Queste malattie terribili sono scomparse grazie ai vaccini. Le generazioni che hanno fatto il servizio militare obbligatorio ricorderanno il famoso “punturone” al petto. Alcuni di fronte alla siringa con il misterioso e potente vaccino a cui non ci si poteva sottrarre, svenivano. Lo scrivente, la sera dopo la somministrazione, si ritrovò a piantonare la camerata con un febbrone equino. Ma sfuggì a un’epidemia di rosolia.

Sono fatti quelli elencati non teorie che stanno a dimostrare quanto sia stata importante e salutare per l’umanità la scoperta dei vaccini che restano l’unica strada per sconfiggere il Covid a meno di attendere l’immunità di gregge, cioè la “pax romana” tra il virus e coloro che lo ospitano. Ma ci vorrebbe molto tempo, parecchio di più della campagna vaccinale. E si rischierebbero, oltre al protrarsi delle limitazioni, ancora tante vittime.

Al di là dei legittimi dubbi, l’unica domanda sul campo è più pericoloso farsi inculcare l’antidoto oppure esporsi al contagio senza altre difese che non siano la mascherina e il frequente lavaggio delle mani? Come si dice: fatevi la domanda e datevi la risposta: poi decidete se utilizzare l’antidoto o no.

Tanto, se non siete operatori sanitari, pazienti delle Rsa o soggetti fragili, il tempo non vi mancherà.

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