Le imprese: dove può
crescere la comunità

In un Paese dove, se va bene, gli imprenditori sono guardati con sospetto e considerati evasori a prescindere, mettere al centro le imprese nel racconto del territorio è una scelta controcorrente, un atto di coraggio in un contesto, sociale e politico, che va nella direzione opposta, quella del reddito senza lavorare o della decrescita felice, come si teorizzava soprattutto qualche anno fa. Una scelta, quella di questo piccolo giornale locale, non di opportunità né tanto meno di convenienza.

Alla base c’è la sincera convinzione che le imprese, non tutte ovviamente, ma la stragrande maggioranza nel caso della nostra terra, siano il luogo migliore, perlomeno in questi tempi cupi della politica, dove è concretamente possibile rimboccarsi le maniche e far crescere la comunità.

Il tessuto delle imprese comasche, lo ha registrato la giuria presieduta dal professor Angelo Palma analizzandone i bilanci, è sano, dinamico, capace di grandi performance in un contesto di mercato globale sempre più complesso e incerto. Ma le imprese, oltre ad essere uno straordinario generatore di valore economico, sono, sempre di più, il luogo più avanzato per elaborare azioni e progetti sociali (dalla parità di genere all’integrazione degli stranieri), promuovere il rispetto dell’ambiente, favorire l’innovazione tecnologica. Sono gli argomenti, i temi, sviluppati nelle 36 storie di azienda della rivista “Imprese” dove si racconta, ad esempio, della strategia di un colosso del tessile come Mantero Seta che ha investito risorse ed energie per dare seguito a politiche di inclusione sociale e di recupero degli scarti in un’ottica di economia circolare oppure del progetto di un giovanissimo imprenditore agricolo, Ettore Toso di Mulino Tibis, che ha lasciato un posto di lavoro sicuro per buttarsi anima e corpo in una bella sfida, come agricoltore, allevatore e trasformatore, basata sul rispetto della natura e sul benessere degli animali.

La parola chiave oggi è sostenibilità. O, ancora meglio, responsabilità. Entrambe derivano dalla consapevolezza, sempre più diffusa tra gli imprenditori, di quanto importante e impegnativo sia il ruolo che hanno oggi sulle spalle e di quanto sia necessario, oggi più che mai, che il loro sguardo, la loro azione si spinga oltre il cancello dello stabilimento. In questa fase di grande trasformazione il destino del nostro territorio è nelle mani delle imprese e la possibilità che continui ad essere uno dei luoghi più avanzati d’Italia dipende in larga misura dalla capacità degli imprenditori di attrezzarsi nel modo più efficace per affrontare il futuro. Il tema è stato in più occasioni affrontato dal presidente di Confindustria Como, Aram Manoukian che ha indicato tre grandi temi da inserire nell’agenda di lavoro: la governance (per superare quelle sacche di mentalità padronale che ancora esistono e spingere sulla managerializzazione delle aziende), la cultura internazionale (che è sì andare sui mercati esteri ma prima ancora è capacità di confronto e disponibilità a mettersi sempre in discussione), le dimensioni (è necessario promuovere le aggregazioni, le reti, in generale la collaborazione attraverso molti possibili strumenti per avere spalle più larghe e reggere l’urto della competizione internazionale).

Tre grandi sfide che, guarda caso, sono state le stesse messe a fuoco da Marco Lavazza, il vicepresidente della multinazionale del caffè, ospite della Festa delle imprese organizzata da La Provincia. Tre situazioni chiave nello sviluppo del gruppo che pure resta una grande azienda familiare e resta orgogliosamente legata al territorio in cui è nata. Tre questioni che hanno molto a che fare con il futuro, la continuità delle aziende comasche e quindi con il futuro di tutti noi.

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