Produttori e garantiti
Nuova lotta di classe

La pandemia economica, che rischia di produrre un contagio addirittura superiore a quella sanitaria, ha improvvisamente ricolorato d’attualità categorie rintanate nella mansarda della storia. Tra esse, spicca quella della lotta di classe. Solo che, particolare decisivo, non si tratta della lotta di classe di tradizione marxista. Non esiste oggi alcun proletariato in lotta con alcun dominio borghese.

Anzitutto perché tale dominio non esiste più da tempo, è stato sostituito da quello dei tecnocrati intenti a trasformare l’economia di mercato in capitalismo di Stato, o brutalmente come accade in Cina o surrettiziamente come in molte società europee (ma sarebbe meglio dire continentali, il cosmo anglosassone è da sempre altra cosa). Poi, molto più radicalmente, perché la faglia di rottura che il flagello del Covid ha portato alla (ri)emersione è tutt’altra. Quella tra produttori e garantiti. O, ad essere letterali, tra produttori e “parassiti”. Il termine va depurato da qualunque crudezza moralistica, va inteso nel senso puramente tecnico, il senso in cui lo utilizzavano un padre del liberalismo come Friedrich von Hayek e uno scienziato della politica come il comasco Gianfranco Miglio: coloro che vivono di risorse altrui. Perché è questo, oggi, nell’era delle conseguenze economiche ed esistenziali del coronavirus, il confine tra i sommersi (o coloro che combattono per non diventare tali) e i salvati. Chi è condannato a produrre da sé il proprio sostentamento, e chi lo ha garantito.

C’è un metodo facilissimo, per distinguere questi due gruppi umani, che sono poi le uniche due grandi “classi” lasciate in piedi dalla contemporaneità. I primi in questi giorni lanciano un grido d’allarme permanente dal fronte della produzione. Sono coloro che hanno anticipato con l’ultimo rivolo di liquidità la cassa integrazione ai dipendenti, e vedono che il corrispondente e promesso esborso dello Stato non arriva, mentre certo arrivano puntuali i vari redditi di cittadinanza e sussidi assortiti. Sono coloro che sulla carta hanno diritto ai 600 euro assicurati ai lavoratori autonomi, e oggi non hanno ancora visto quelli di marzo. Sono quei piccoli imprenditori che vedono i colleghi di altri Paesi (Stati Uniti, ma anche Germania e Francia) respirare grazie al sostegno a fondo perduto dei governi, quella che il Nobel per l’Economia Milton Friedman chiamava Helicopter Money, strategia irrituale in un momento irrituale in cui lo Stato compensa la sua imposizione a non fatturare, mentre loro dallo Stato sono stati graziosamente accompagnati sull’uscio della banca, per indebitarsi ancora. Sono tutti coloro che si sono riconosciuti nelle parole del neopresidente di Confindustria Carlo Bonomi: “La politica dello struzzo alla lunga non paga e può fare peggio del Covid. Lo si vedrà quando scopriremo che il Pil è caduto di dieci punti”. Sono quelli che vedono la piena della depressione economica, o sono già in balìa di essa, e non possono non trovare lente e incomplete le iniziative della politica.

Gli altri, i garantiti, all’opposto sono coloro che giudicano eccessive la ripartenza, le riaperture, il ritorno al lavoro e alla circolazione di persone e beni. Vorrebbero ancora più calma da parte dei decisori, e la vorrebbero in nome di quelle ragioni di sicurezza sanitaria che nel pieno dell’epidemia sono state giustamente l’unica bussola dell’agire pubblico e privato, e a cui oggi continuano a concedere un primato esclusivo e sezionato dal contesto economico-sociale. Lo fanno, e la stragrande maggioranza in buona fede, perché possono permetterselo. Perché il pasto non è in discussione, perché il posto di lavoro c’è e il bonifico a fine mese pure. Solo che, e qui siamo sempre a Friedman, non esistono pasti gratis, se non pago io pagherà qualcun altro. L’essenza della nuova lotta di classe al tempo del Covid è tutta qui.

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