Nuovo processo per il rapimento di Cristina Mazzotti. Parla il fidanzato: «Una buona notizia dopo 48 anni»

’Ndrangheta La soddisfazione dell’allora fidanzato per il rinvio a giudizio dei quattro presunti autori. L’uomo era con lei quella sera del 30 giugno 1975. «Erano tutti a volto scoperto, li ho visti bene»

«Sicuramente una buona notizia. E pure importante. Anche se dopo quasi cinquant’anni si sta arrivando alla conclusione della vicenda giudiziaria per il rapimento e la morte di Cristina Mazzotti», la soddisfazione è di Carlo Galli alla notizia secondo la quale la Procura della Repubblica di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro presunti autori materiali del rapimento di Cristina Mazzotti.

Galli, 69 anni, era il fidanzato di Cristina e con lei la sera del 30 giugno 1975 quando la ragazza fu presa lungo la strada che da Longone al Segrino porta a Galliano di Eupilio dove era la villa di vacanza della famiglia Mazzotti.

Testimone

Galli è testimone più che diretto di quel primo atto del feroce sequestro perché era alla guida della Mini Minor che stava portando a casa Cristina e l’amica del cuore Emanuela Luisari. Furono sequestrati anche Galli e la Luisari poi rilasciati mentre Cristina fu rapita.

Erano dunque in quattro?

«Avevamo sempre detto che erano in quattro -commenta Galli-. Sono sicuro di averne visti quattro all’opera. I due che salirono sulla Mini e gli altri due che erano sulla Fiat 125. Erano tutti a volto scoperto e quindi li ho visti bene. Non si è poi saputo niente della Giulia che ci aveva seguito da quando eravamo partiti dal Bar Bosisio a Erba e poi sul rettilineo di Longone “fece i fari” per segnalare ai complici che erano fermi con la 125 ad aspettarci».

È probabile che abbandonata l’auto i due della Giulia siano saliti sulla 125 che ha seguito la Mini, alla cui guida c’era un bandito, fino nel bosco di Appiano Gentile, dove è avvenuto di fatto, il rapimento di Cristina.

Il rinvio a giudizio chiesto per Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò, Antonio Talia e per il boss Giuseppe Morabito è visto da Carlo Galli come l’avvio definitivo verso la conclusione di una inchiesta cominciata quasi cinquant’anni fa, venuta avanti assai lentamente, ma che sta per giungere in porto.

Personaggio chiave è quel Demetrio Latella che, quella sera ha inavvertitamente lasciato impronte digitali sull’auto di Galli. Grazie a nuovi, inediti strumenti scientifici, qualche anno fa, nonostante fosse trascorso molto tempo, gli inquirenti hanno potuto incastrare Latella, proprio grazie a quelle impronte. Da Latella si è risaliti agli altri complici.

L’indagine

«Certo che tutta questa storia è assai strana – abbiamo commentato con Galli- mentre ben nove della banda del sequestro Cristina Mazzotti furono quasi subito condannati all’ergastolo per omicidio e in gran parte ormai quasi tutti deceduti, l’indagine era ancora in atto per scoprire coloro che materialmente fecero il rapimento».

Risoluzione quindi per la tragica vicenda di Cristina Mazzotti? Per gli autori forse è la conclusione, resta però il mistero di chi ideò il sequestro, chi individuò la diciottenne Cristina, ragazza gaia e sorridente tra un vivace gruppo di giovani che frequentava il Bar Bosisio di Erba, come un possibile ostaggio per un ricco riscatto. Secondo gli inquirenti anche la “mente” avrebbe un volto. «Vedremo, speriamo», conclude Galli.

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