
Cronaca / Como città
Mercoledì 23 Aprile 2025
Il Papa e il giornalista comasco: «Al telefono mi faceva molte domande, voleva sapere tutto su crisi e guerre»
Ricordi Il giornalista comasco di Avvenire Nello Scavo lo conosceva da anni: «Informato, eppure domandava. E c’era modo di ridere»

Como
Nello Scavo del suo rapporto con papa Francesco ricorda, tra le tante cose, le domande «di cui sapeva già le risposte, ma che mi faceva lo stesso, perché da buon gesuita era curioso». La storia dell’amicizia tra il pontefice e il giornalista comasco, firma e inviato speciale di Avvenire, è una storia di chiamate riservate, «da conservare nel cassetto», come dice Scavo.
Attento al mondo, felice tra i giovani
Ma è anche la storia di un Papa che voleva capire a fondo il mondo. E che proprio dai fatti del mondo ha inizio. «Ho scritto dei libri su di lui, ma allora non avevamo alcun rapporto - racconta Scavo -. Quando sono iniziate invece le mie inchieste sui migranti e la rotta del Mediterraneo, ci siamo conosciuti. Era molto interessato a quei temi e voleva tenersi informato, ma soprattutto mi colpiva il fatto che durante le nostre conversazioni aveva un quadro molto chiaro della situazione: conosceva i dati e conosceva le rotte». Una conferma, per chi ricorda la sua prima uscita da Papa nel 2013, a Lampedusa.
Quel filo diretto tra pontefice e giornalista è continuato negli anni, arrivando fino a pochi giorni fa e attraversando tutte quelle parti di mondo in cui Scavo ha avuto l’onore e l’onere di essere a volte gli occhi del Papa, che lo interrogava per conoscere gli scenari di crisi e di guerra da chi li vede in prima persona.
«Sempre professionale, profondo e competente, ma la battuta non mancava mai con lui»
«Nel 2019 si era molto preoccupato quando sono stato messo sotto scorta - racconta Scavo - Ma con me devo dire che è sempre stato professionale, certo era un uomo di grande ironia: era serio, profondo e competente, non rinunciava mai a dire la sua... però dialogando ci scappava sempre una battuta o una risata». Un dono, quest’ultimo, che secondo Scavo gli derivava anche dalla sua capacità di stare in mezzo ai giovani. «Quando lo incontravo spesso ero con persone giovani, in particolare con don Mattia Ferrari, o anche con volontari delle organizzazioni umanitarie che lavorano nel Mediterraneo o migranti. E questa compagnia lo rendeva sempre molto allegro». I giovani erano la sua gente, d’altra parte, e secondo Scavo hanno avuto la sensibilità di cogliere prima di altri quei temi che lui più aveva a cuore, dalla fratellanza alla cura del Creato. «Sapeva parlare loro, ma senza scimmiottarli».
Ma il Papa di cui parla Nello Scavo è anche un Papa che sapeva il fatto suo sul proprio ruolo nel mondo. «Sentivi la sua leadership - riprende - Dall’Africa subsahariana al Myanmar, passando per il Medioriente, le rotte mediterranea e quella balcanica, l’Ucraina e la Russia: aveva bisogno di sapere, di comprendere, ma non esitava a rivolgersi ai leader mondiali ribadendo le sue convinzioni. Ha parlato chiaro con loro e non ha mai fatto sconti a nessuno». Con Scavo, papa Francesco parlava anche del suo Sudamerica, da dove era arrivato al pontificato - «dai confini del mondo», aveva detto nelle prime parole rivolte alla folla in piazza San Pietro, in occasione della sua nomina a Papa - e dimostrava di conoscere a fondo le vicende che lo affliggono, dalle rotte dei narcotrafficanti alla tratta di esseri umani.
La Chiesa dopo di lui
«Non dovevi stare lì a spiegargli nulla, lui si informava su tutto e allo stesso tempo voleva sempre capire un pezzo in più». Anche in questo ultimo periodo, in cui la sofferenza della malattia lo teneva prigioniero, la sua mente e il suo cuore erano aperti al mondo. «La nostra ultima chiamata è stata a novembre - spiega Scavo - Ma contavo di sentirlo prossimamente, dopo Pasqua. Non mi aspettavo morisse in questi giorni».
Una sua regola era: «Bisogna prendere la palla dove arriva»
Il suo sgomento è quello di molti che a Francesco guardavano come a una guida nel caos del mondo. Un mondo per cui «si preoccupava molto, ha sempre ribadito la propria preoccupazione per la direzione che stava prendendo il nostro tempo. Lo preoccupava il riarmo, anche se sapeva bene che la guerra a volte è una forza legittima. Ma questo lo sapeva anche prima di diventare Papa, quando riformò i cappellani militari in Argentina, senza mai metterli in discussione». Una delle frasi che ripeteva spesso al giornalista comasco era una regola derivata dal calcio: «Bisogna fare come i portieri e prendere la palla dove arriva». Che significava poi stare dentro alle cose che accadono.
«Dopo di lui non si potrà più prescindere da una Chiesa che va verso le periferie: ha lavorato molto per il futuro», è il pronostico fiducioso di chi, come Nello Scavo, lo ha conosciuto bene, e guarda ai cardinali che ha creato come semi per il domani. Tra questi anche il vescovo di Como, Oscar Cantoni, «per cui il Papa aveva grande stima - racconta Scavo - Era rimasto molto colpito dall’incontro che aveva avuto con lui e con la famiglia di don Roberto Malgesini».
«Papa Francesco è stato come uno che ha provato a svitare un tappo che non viene via - conclude il giornalista - Non lo ha tolto, ma lo ha allentato parecchio. Se ne sono accorti in molti anche fuori dalla Chiesa, ecco perché sono convinto che chiunque ne riceverà eredità dovrà saperci fare i conti, perché un cambiamento di rotta troppo drastico ora non passerebbe più inosservato».
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