San Rocco, una festa oltre i pregiudizi (e con don Roberto)

L’evento In piazza per ritrovarsi e “riconnettersi”, per superare le barriere tra senza dimora e residenti. E per ricordare ancora la figura del prete degli ultimi

Como

La prima immagine che a Giulia viene in mente quando pensa a Piazzale San Rocco è quella di Don Roberto. «Sia come presenza, sia come significato», dice. Come volontaria, partecipa alla distribuzione delle colazioni alle persone senza dimora che ogni mattina ricevono latte o caffè caldi, biscotti, qualche brioche o pane e marmellata. Racconta che ha cominciato dopo la morte di Don Roberto. «Conoscevo persone che facevano tanto per il quartiere, e quando è morto mi sono chiesta “adesso io che cosa faccio?”».

La casa di Don Malgesini si è aperta in un caldo pomeriggio alle porte della nuova stagione. Il 6 giugno si è tenuta infatti la Festa d’Estate, un evento promosso da Vicini di Strada, la cui azione sul quartiere è coordinata da Cooperativa Lotta Contro L’Emarginazione Onlus, e che si inserisce nel progetto Cittadini di Vicinanza. L’iniziativa, finanziata da Fondazione Cariplo, coinvolge le associazioni del terzo settore del tavolo della grave marginalità, con l’obiettivo di costruire una rete locale che promuova la cittadinanza attiva, attraverso momenti per favorire la creazione di legami di cura, ascolto e vicinanza relazionale. Le persone si sono ritrovate in piazza per giocare insieme, per ammirare opere, partecipare ai laboratori per cittadini con e senza dimora e per partecipare a esibizioni a cura del gruppo Legami.

Tra “sagome parlanti” che raccontano storie di vita di quartiere, giochi d’una volta, ma anche opere e performance, la festa voleva far conoscere alle persone il piazzale San Rocco, luogo di incontro e convivenza tra persone con esperienze di vita diverse, ma anche di tensioni e complessità.

«Piazzale San Rocco oggi non ha nessuna connotazione, se non negativa - dice Antonia Ronzoni, residente nei pressi del quartiere -. Oggi nessuno porterebbe i figli a giocare lì». Racconta dell’esasperazione delle persone che vivono nelle vicinanze, data dalle frequenti risse notturne riportate dai giornali, dal consumo di sostanze stupefacenti e di alcol, delle condizioni igieniche e sanitarie in cui vertono le persone che stazionano in quella zona. «Non si tratta di razzismo, ma di un rispetto della dignità umana delle persone che vivono lì - spiega -: spesso vengono lasciate a sé stesse, senza supporto, se non da parte dei volontari e delle volontarie».

Parlando del rapporto tra le persone senza dimora e residenti dice che l’interazione è «praticamente zero: l migranti e senza dimora tendono a stare in gruppo, ma nessuno dei residenti ha contatti con loro».

Per interpretare la situazione a San Rocco ci sono due chiavi di lettura diverse, dice Antonia. «Da una parte ci sono le persone che vivono il quartiere perché abitano o lavorano lì, poi c’è chi invece è di passaggio, e che si ritrova in condizioni di vita non dignitose, con cui è difficile riuscire a instaurare una relazione».

Nonostante le complessità dell’area e le tensioni tra gli abitanti «a San Rocco c’è una forte idea di famiglia - commenta invece Giulia -. Si vive la quotidianità accorgendosi della diversità e della ricchezza dello stare insieme, pur con le difficoltà legate alla vita in strada e alle dipendenze. In questo quartiere multietnico e multiculturale ciascuno si può sentire accolto».

Il percorso che ha portato alla realizzazione della Festa d’Estate aveva l’obiettivo di trattare il tema della homelessness in un’ottica di cittadinanza. Durante l’iniziativa, infatti, sono state coinvolte sia persone senza casa, ma anche quelle che una casa ce l’hanno. Giulia racconta che durante la preparazione delle attività si sono creati momenti d’ascolto per la cittadinanza, utili per abbassare il conflitto, promuovendo attività aperte a tutti.

Laura Castegnaro, operatrice di Cooperativa Lotta racconta dell’importanza di lavorare sul contesto. «Chi non ha niente ha bisogno di luoghi dove dormire, mangiare, andare in bagno. Però poi c’è anche un pensiero più ampio, che non riguarda solo i bisogni dei singoli, ma si apre a un’idea di cittadinanza che va oltre le promesse e i desideri individuali. Le persone sono arrabbiate e impaurite dalla convivenza, ma se si aizzano le fazioni si rischia di stare peggio. Se invece si sperimentano modalità che favoriscono il racconto, qualcosa cambia», dice. «È un inizio, per provare a pensare alla città in un modo diverso».

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