Auguri Morata , 33 anni: «Cesc come i grandi. Il 7? Fin da bambino»

Compleanno Lo spagnolo cerca ancora il primo gol, ma è felice di far parte di questo progetto azzurro: «Mi sento in una famiglia, penso alla squadra non a me»

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Ieri era il compleanno di Alvaro Morata, che ha compiuto 33 anni. Per festeggiarlo, il Como ha pubblicato una sua lunga intervista, della quale riassumiamo i punti salienti. «Sì, sono davvero felice. Davvero orgoglioso. Mi sento a casa. Da quando ho firmato con il Como, tutti mi hanno aiutato. Tutti mi hanno mandato un messaggio o mi hanno dato un caloroso benvenuto. Sono fortunato perché mi sento come una grande famiglia e sono davvero orgoglioso di farne parte», dice. Non misura la sua carriera solo in base ai gol. «Non penso solo a segnare. Non sono il tipo che immagina momenti da solo, perché il calcio è uno sport di gruppo. Voglio godermela con i miei compagni, anche soffrire, perché anche questo fa parte del calcio».

Sui tecnici. «Ho lavorato con molti allenatori, i migliori al mondo, e ognuno mi ha dato qualcosa. Simeone mi ha dato motivazione. Conte mi ha dato la tattica. Sono anche molto contento perché il nostro allenatore qui ha lavorato con i più grandi allenatori del mondo. Ha un carattere forte e spero che questa stagione possa essere davvero positiva per noi».

La decisione di unirsi al Como: «Quando ho ricevuto la chiamata, ho subito detto che si trattava di un progetto fantastico. Ho giocato contro il Como la scorsa stagione e abbiamo sofferto molto. Ho potuto vedere con i miei occhi che il Como sta diventando un grande club con un progetto ambizioso, con tutte le strutture necessarie. Si vede che è un grande progetto, un grande allenatore e una grande opportunità per me. Non ho dovuto pensarci troppo perché Cesc è una leggenda, ha molta esperienza».

Sulla carriera: «Sono stato fortunato perché tutte le mie destinazioni erano fantastiche. Penso di aver imparato molto a Londra come uomo, a essere forte, e questa è la cosa più importante nella vita. Il calcio non è tutto. Prendo spunto da ogni paese in cui gioco. Cerco di assimilare la cultura e di godermela. I miei genitori mi hanno dato un’educazione straordinaria. Il consiglio migliore me l’ha dato mio padre quando ho iniziato a giocare con le grandi stelle nello spogliatoio. Mi ha detto di guardare tutto, analizzare e non dire nulla. Di lavorare e basta. L’aspetto mentale è davvero importante. Dobbiamo abbattere le barriere nel calcio perché tutti sono sotto pressione e nelle accademie non insegnano come gestire questi momenti. Non sei pazzo se parli con uno specialista. Andiamo in palestra per il corpo, possiamo andarci anche per la mente».

«Iker Casillas una volta mi disse che tutto ciò che desideri, il successo e le cose straordinarie, arrivano con sacrificio e duro lavoro. Non è questione di fortuna nella vita. Amo Iker e ho molti ricordi con lui». Anche il numero sulla sua schiena racconta una storia. «Il sette è davvero speciale. Devo ringraziare Lucas (Da Cunha), perché lo voleva anche lui, ma me l’ha lasciato fare. Il sette è il numero che indosso con la Spagna e il numero che amo fin da bambino. Darò il massimo per rendere orgogliosi questa squadra e i tifosi».

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