«Le mie vittorie in maglia azzurra: serie A e laurea»

Volpi, ex Como e oggi medico dell’Inter: «Lì ottenni la specializzazione e coronai i mie due sogni di ragazzino»

«Hai visto Piero Volpi, non è per nulla invecchiato». «Per forza, sembrava già “anziano” quando giocava». La battuta è facile. Ma serve per incoronare un calciatore, protagonista della promozione in A del Como di Marchioro, che già dall’aspetto fisico, stempiato, austero, elegante, mostrava la sua grande maturità, la sua affidabilità, caratteristiche che gli consentirono di essere il saggio di quello spogliatoio e poi di diventare, da medico, responsabile del settore medico dell’Inter, ruolo che ricopre ancora adesso. Sembrava giocasse in smoking. Promozione in A nel 1979-80 e l’anno dopo salvezza. Inter-Como la vedrà dalla panchina nerazzurra, dove siede da oltre 20 anni.

Dott. Volpi, cosa ricorda di Como?

Beh, è il posto dove ho coronato i miei due sogni che avevo da ragazzino: giocare in serie A e diventare medico. Arrivai a Como già laureato, in medicina, alla Università di Perugia, visto che giocavo a Terni. Ma negli anni di Como feci la specializzazione in ortopedia quello che mi ha permesso di esser chirurgo prima e di lavorare nel calcio poi.

Calciatore e laureato. Raro.

Forse ancora più raro adesso, ad alto livello. Ricordo Volpati, che aveva giocato nel Como prima di me. Oggi la professione del calciatore è cambiata, c’è più pressione e c’è tanta attività extra campo, ore occupate con impegni di vario genere. Io studiavo anche durante i viaggi in pullman nelle trasferte.

Arrivato a Como dalla Ternana.

Fu una grande cavalcata. Eravamo allenati da Marchioro che era un innovatore.

Lei faceva il libero ma forse non è giusto chiamarla così: accennavate già la zona.

Sì, spesso era così. E facevamo già la costruzione dal basso. Vecchi la dava a me, io la davo a Melgrati. Non buttavamo via un pallone. E non prendevamo tanti gol eh... Anche in serie A, l’anno successivo, non abbiamo mai preso più di due gol a partita, cosa rara per una neopromossa.

Due gol segnati.

Il primo contro il Genoa, 2-0, nel primo big match della stagione, quello che ci fece decollare verso la cavalcata. Il secondo nell’ultima giornata contro il Taranto.

Che squadra era.

Un bel mix tra giovani ed esperti. Gente come Vecchi e Lombardi dettava la via. Ma anche Fontolan, che era giovane, era uno già serio.

Poi c’era da gestire Nicoletti... Forse lei era il suo opposto.

Nicoletti era un burlone, ma era un buono. Nessun problema. Io facevo della concentrazione la mia qualità principale. E lavoravo per il gruppo. Come faccio in ospedale adesso, cercavo di trasferire ai giovani la mia esperienza.

La sconfitta 1-2 in casa con il Parma mentre esplodeva il calcio scommesse vi procurò qualche patema.

Ma no, nessuno pensava alle scommesse. Più che altro c’era la leggenda secondo cui il Como non voleva salire in A. Ma con la città era tutto ok. Pensa che andavamo a piedi dal ritiro nell’hotel Continental allo stadio. Cinquecento metri. Dove si è mai vista una cosa del genere?

Poi la serie A.

Una altro anno emozionante. Salvezza all’ultima giornata. Il primo anno con gli stranieri, ma il Como non lo comprò e ci chiamavano il Como degli italiani.

Alla prima giornata, autogol di Volpi.

Como-Roma debutto di Falcao al Sinigaglia. Da un cross dalla mia sinistra, allungo di testa la palla a Vecchi, ma lui sta uscendo, lo scavalca ed entra in porta. Da quel giorno ogni volta che ci siamo visti ci siamo rinfacciati ridendo la colpa di quell’azione.

Tanti anni da medico dell’Inter.

Cinque anni con Moratti dal 1995 al 2000, poi dal 2014 ad adesso. Prima ero il medico che interveniva sul campo, ora lascio spazio a chi... Corre più di me. Ma sono sempre in panchina, essendo il responsabile. Con il presidente Marotta spesso ci raccontiamo i trascorsi comaschi.

Lo scorso anno lei invitò i suoi vecchi compagni del Como a San Siro.

Essere stato protagonista di una storia è sempre emozionante. Quando capita l’occasione è bello rivedersi. Li ho trovati in forma.

E quando tornò al Sinigaglia, lo scorso maggio?

È stato bello. Nei corridoi ho visto le fotografie dei Como vecchi, c’è anche la mia squadra. Vuol dire che qualcosa abbiamo lasciato. Sono contento.

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