Le terribili provinciali, Il Como e i paragoni con la storia

Le imprese delle squadra di Fabregas riportano a galla situazioni molto simili

I paragoni con il passato lasciano sempre il tempo che trovano. Ma non per questo si rinuncia a farli. Divertenti. Fallaci, certo. Ma divertenti. Tema: le provinciali. Di più: le provinciali che incantarono il calcio italiano. Storie meravigliose di cosiddette “piccole” capaci di stupire tutti, spesso con un gioco spettacolare e innovativo, arrampicandosi dove nessuno le avrebbe pronosticate. In Europa. O addirittura sino al Tricolore.

Parallelo

Il perché ce ne occupiamo, è chiaro: il Como si è ufficialmente iscritto a questa corsa. Ad essere la provinciale che parla una lingua nuova, che stupisce, che attrae, che rimane impressa nella memoria. Oh, quante prima di lei. Ma prima di immergerci in questa jungla, vanno messi i paletti e fissate le regole. Innanzitutto, cosa si intende per provinciale? Sicuramente qualcosa legato al bacino di utenza, alla differenza con le grandi squadre delle metropoli, magari alla capacità di essere punto di riferimento di una provincia calcistica come consolidata tradizione popolare.

Per esempio, dal punto di vista territoriale-geografico, si fa fatica a considerare “provinciali” il Genoa e la Sampdoria, che sono squadre di una grande città; eppure calcisticamente, indubbiamente un po’ lo sono. Inserire lo scudetto della Samp e le sua cavalcate europee, o quella meraviglia del Genoa di Bagnoli degli stessi anni (fine Ottanta) tra le imprese delle provinciali, non è un delitto e forse nessuno si offenderà. Poi c’è un’altra questione: quella di squadre che hanno le caratteristiche della provinciale, ma la cui storia sportiva le ha trasformate in qualcosa d’altro. Due esempi su tutti: il Parma di Scala Anni Novanta, per un decennio ai vertici, e l’Atalanta adesso.

Due provinciali in tutto e per tutto, per bacino d’utenza, storia e tifoseria, ma che per la serialità del loro progetto sono diventate protagoniste fisse in cima alle classifiche. Sono lì, a metà del guado. Bruchi diventati farfalle.

Quando pensi alle terribili provinciali della storia, però, forse immediatamente pensi ad altro. Tipo il Cesena di Marchioro del 1975-76 che arrivò sesto qualificandosi per le Coppe. O il Vicenza di Gian Battista Fabbri, secondo nel 1977-78, il cosiddetto Real Vicenza, una delle prime provinciali la cui formazione divenne una cantilena, come quella delle big, stile Sarti-Burgnich-Facchetti, o Zoff-Gentile-Cabrini. Ed era: Galli, Lelj, Callioni, Guidetti, Prestanti, Carrera, Cerilli, Salvi, Rossi, Faloppa, Filippi. L’anno dopo fu il momento del Perugia di Castagner, anche lui secondo, mai sconfitto in tutto il campionato.

E della stessa pasta possiamo annoverare forse anche l’Ascoli del 1979-80 (ancora di Fabbri) con un paio di comaschi dentro, Boldini e Scanziani, quarto in classifica. Quello del 1981-82 di Mazzone, sesto, stagione in cui si ricorda anche l’ottimo Catanzaro di Bruno Pace. Altra provinciale spettacolare l’Udinese tra il 2010 e il 2013, quarta, terza e quinta con Guidolin in panchina. E poi il Chievo di Del Neri quinto nel 2001-02, ricordato per il suo gioco totale, il primo 4-2-4. Anche il Palermo di Guidolin arrivò tre volte di fila quinto tra il 2003 e il 2007. E fateci citare anche il Messina sesto nel 2004-05 o il Sassuolo 2015-16. E poi quelle squadre che seppero attirare l’attenzione per qualche vittoria spettacolare o il gioco spumeggiante, come il Foggia d Zeman (nono, ma lo ricordiamo come avesse vinto) Pescara di Galeone, il Carpi di Castori e altre.

Gli altri

Poi c’è la questione scudetto: del Cagliari nel 1970 e del Verona nel 1985, che però, nel contesto di quegli anni, furono sorprese a metà, perché avevano preparato bene la cavalcata con qialce posizione d’alta classifica gli anni precedenti.

Ma indubbiamente la punta dell’iceberg di tutto questo discorso, anche se Cagliari è la squadra di una regione intera e non di una provincia e basta. Comunque: provinciali capaci di stupire, di essere simpatiche a tutti, di avere un posto nel cuore di qualsiasi appassionato al di là delle barriere del tifo. Meravigliose perle sportive del nostro calcio. La domanda è: il Como potrà inserirsi in questa carrellata? Lo sta già facendo? O non rischia, per il suo potenziale economico di essere già percepito come qualcosa d’altro? Comunque vada, solo il fatto di essere in corsa per questo ruolo, ci fa divertire da morire. Pop corn, bibita e mettiamoci comodi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA