Addio Mario, pittore della fragilità: «Ha trasformato il disagio in arte»

Il ricordo Si è spento Marangio, il “Ligabue” della città: «Si era perso da giovane con il disegno si ritrovava»

Como

Le sue “tele in nero”, che lui portava costantemente sotto braccio quando girava per la città, erano parte di lui. Non solo della sua figura e del ricordo fotografico che i comaschi hanno di lui. Ma della sua stessa anima.

Mario Marangio, il pittore della città, il “Ligabue di Como”, l’artista della fragilità, se n’è andato. Si è spento lasciando, in chi l’ha conosciuto, il ricordo di una personalità sensibile e autentica. L’immagine più famosa di Mario è quella scattata dal fotografo Gin Angri e diventata uno dei pezzi più belli di una recente edizione di Miniartextil. È la foto che vedete qui accanto (e che gentilmente Gin Angri ci ha consentito di pubblicare) nella quale si vede l’artista con, sottobraccio, “Il Cristo del Mario”.

«Lo avevo conosciuto molti anni fa quando con “Oltre il giardino” cominciammo una collaborazione con la comunità nella quale viveva - ricorda il fotografo comasco - Da subito rimanemmo tutti stupiti dalla sua capacità artistica e cominciò a raccontare la sua tormentata vita con storie a fumetti che pubblicavamo sulla nostra rivista. Il suo animo indipendente lo spinse ad allontanarsi da strutture per lui troppo rigide e cercò la sua libertà sulla strada . Ci siamo trovati molte volte e spesso utilizzava il cortile della casa dove abito come suo atelier. Ho sempre ammirato la sua arte strettamente legata alla sua vita e le sue ultime tele così piene e scure descrivevano il suo tormento. Artista gentile, come tutti lo ricordano».

Una delle poche opere non in nero, si trova appesa al Teatro Sociale: «Erao molto affezionata a Mario - dice Barbara Minghetti - Un anno lo abbiamo ospitato qualche mese al teatro e per noi ha fatto un quadro grandissimo. Due mesi intensi di lavoro, molto belli. Io ho insistito: “Lo voglio tenere nelle sale dove i bambini provano, devi farlo colorato”. Lui ha protestato: “no io solo penna nera”... alla fine era stato contento di quel quadro così colorato».

Il consigliere regionale Sergio Gaddi non ha dubbi: «Perdiamo una figura originale e autentica, che ha trasformato un sottile disagio in un’opera forte. Lo ricordo con la tela sotto braccio, la parlata sussurrata e continua, ininterrotta come il tratto di penna sempre più nero e sempre più profondo. Aveva una tecnica personale e vera».

Infine l’ex assessore Patrizia Maesani: «Inverno, sera fredda e limpida. Noi due seduti sul marciapiede di via Sirtori a chiacchierare, del cielo, del freddo e di chissà cos’altro. Ad un certo punto hai estratto dalla cartellina dei tuoi disegni il volto di una Madonna. Tratti sofferenti, occhi tristi, profondi. Ci siamo abbracciati e mi hai detto “ti regalo i miei occhi”. I tuoi occhi ed i tuoi tormenti saranno sempre nel mio cuore. Buon vento, Mario».

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