
Cronaca / Como città
Giovedì 09 Ottobre 2025
Bonifica Ticosa, il Comune bussa a Roma: ma dal ministero niente ok al “piano B”
Il caso L’ipotesi di mettere in sicurezza l’area senza dover portare via e smaltire gli inquinanti. Risposta: niente pareri su procedure in corso e per l’amianto chiedere al dicastero della Salute
Como
Il Comune ha bussato a Roma per cercare una via d’uscita alla bonifica dell’ultima porzione dell’area Ticosa, la cosiddetta “cella 3”, ma dal ministero dell’Ambiente, che ha inviato la sua risposta nei giorni scorsi a Palazzo Cernezzi, non sono arrivate certezze. Il ministero, pur definendo corrette le interpretazioni normative del Comune, trattandosi di amianto rimanda al ministero della Salute, non dando quindi un’indicazione univoca e chiara e lasciando irrisolta (almeno per ora) la questione.
La situazione
Il progetto del maxi parcheggio con copertura a pannelli solari presentato da Acinque nel gennaio del 2024 è ancora in fase di stallo per il piano economico finanziario legato in larga parte ai costi di bonifica del materiale contenente amianto ritrovato nella “cella 3”. La spesa per portarlo via è oggi compresa tra gli 8 e i 10 milioni di euro, somma importante se si pensa che il valore dell’investimento complessivo sull’area è pari a circa 27 milioni. Da qui la decisione di Palazzo Cernezzi di vagliare strade alternative, su tutte quella della messa in sicurezza sul posto del materiale che non verrebbe rimosso ma “bloccato” nel sottosuolo. Il sindaco Alessandro Rapinese, come evidenziato dai documenti pubblicati sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha inviato lo scorso 1 luglio, un interpello sulla «messa in sicurezza permanente in presenza di rifiuti con amianto derivanti da attività edili e/o processi industriali» e sulla procedura da seguire.
I documenti
Non viene nominata la Ticosa, ma ovviamente è riferito alla ex tintostamperia. In particolare si legge: «Questi materiali, che potrebbero includere rifiuti derivanti da attività edili e da processi industriali, possono trovarsi a varie profondità, e possono talvolta contenere frammenti in cemento amianto (eternit), oppure altre tipologie di detriti da demolizione. A fronte di tali situazioni e nel contesto di un possibile progetto di riqualificazione di un sito, si chiede di valutare la possibilità di prevedere un intervento finalizzato alla messa in sicurezza permanente o dell’intero sito, o di una porzione dello stesso, anche in presenza di rifiuti contenenti amianto». E precisa come «costituirebbe un’alternativa alla rimozione e smaltimento totale di tali rifiuti pericolosi, che comporterebbe per il soggetto interessato alla bonifica l’insostenibilità economica a causa dei costi considerevoli di smaltimento, comportando la rinuncia alla riqualificazione del sito stesso». Seguono poi una serie di normative, definizioni e sentenze. E infine la richiesta e, cioè, «se la messa in sicurezza permanente possa riguardare anche i rifiuti pericolosi contenenti amianto». La risposta del direttore generale del ministero, anch’essa pubblicata, è datata 24settembre. «Per quanto attiene i profili specifici afferenti la messa in sicurezza dell’amianto» invita il Comune a rivolgersi al ministero della Salute. Sul resto si legge: «Le considerazioni sopra riportate... (si cita il decreto del 2006 a cui si riferiva il Comune, ndr) sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa amministrazione».
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