Cerca la madre per due anni, sperando possa aiutarla nella terapia contro il cancro. Ora la speranza di Daniela però è la figlia di 11 anni

La storia Daniela Molinari non conosce nessuno dei suoi genitori: la madre l’ha messa al mondo dopo essere stata vittima di violenza, il padre è morto. Ma Daniela nel frattempo ha contratto un cancro ai linfonodi e, dopo aver cercato l’aiuto della famiglia di origine, ora dovrà affidarsi a sua figlia

Una nuova speranza per Daniela Molinari, l’infermiera comasca che ha commosso l’Italia due anni fa con la ricerca della madre che l’aveva abbandonata appena nata, chiedendo l’anonimato, e il cui Dna era indispensabile per tentare una terapia sperimentale per sconfiggere il cancro ai linfonodi resistente alle terapie tradizionali.

La tragica storia

Quella terapia - finalmente messa a punto dopo che la madre, rintracciata dal tribunale dei minori di Milano e inizialmente non disponibile a un prelievo, si era decisa a fornire il proprio assenso - non ha funzionato. Non ha funzionato anche perché mancava un pezzo importante di Dna, quello del padre biologico di Daniela, l’uomo responsabile della violenza sulla madre e del trauma che ha segnato la vita di quella donna fino a impedirle di voler conoscere la figlia.

Oggi l’estrema speranza per Daniela è legata alla figlia minore, una bimba di soli 11 anni che è risultata perfettamente compatibile con il suo profilo e che potrebbe quindi donare il proprio midollo osseo per un trapianto. È una strada piena di forse e di se, in cui le uniche certezze al momento sono il coraggio e l’incrollabile, commovente volontà della figlia - nonostante la tenerissima età - di contribuire alla cure della mamma.

Il padre, si diceva. È un altro tassello della storia ancora da raccontare.

Il ritrovamento del padre e un messaggio per la madre

«L’ho trovato - dice Daniela - Tramite il sito Myheritage sono risalita alla famiglia, in Liguria. Quello che credevo fosse mio padre in realtà è mio fratello, mio padre è morto. Non mi hanno voluto conoscere, e nemmeno aiutare. E per me è stato un ulteriore dolore, la riapertura di una ferita».

Una ferita mai chiusa in realtà, il sogno mai abbandonato di riallacciare i legami con le proprie origini, soprattutto con quella madre nei confronti della quale Daniela non ha mai nutrito rancore: «L’ho sempre detto e lo voglio ribadire: sono sempre pronta a conoscere la mia mamma, se lei lo volesse. Non ce l’ho con lei, per niente, mi ha donato la vita nonostante la situazione terribile in cui si trovava, e dopo il primo rifiuto ha cambiato idea, regalandomi il suo sangue e la possibilità di curarmi. Se volesse conoscermi, anche in forma privata o in qualunque modo desideri, sarebbe molto importante per me e sarebbe un bene anche per la mia bambina, sua nipote, perché vedermi superare, per quando possibile, questo enorme dolore farebbe del bene anche a lei, che da anni mi vede lottare con questa angoscia dell’abbandono. Mi piacerebbe che a mia mamma arrivasse questo messaggio...».

Il fallimento della terapia sperimentale

Ora è il tempo della nuova sfida sanitaria: «Sì, la cura negli Usa purtroppo non ha sortito effetti, eravamo fiduciosi ma sapevamo che il Dna era monco della parte paterna. Inoltre le cure hanno un grave effetto collaterale sul cuore, hanno causato un’insufficienza cardiaca che in una persona senza tumore si potrebbe curare con un trapianto, mentre nel mio caso l’unica possibilità è “aggiustarlo” con un intervento, sempre a Houston. Ma prima di pensare di andare negli Usa devo affrontare un intervento qui per rimuovere l’ultima parte di tumore...».

Strada lunga e accidentata quindi quella che potrebbe portare al trapianto di midollo, anche questo da effettuare negli States. «Sì, le incognite sono tante, e come sempre anche le spese. Mi sembra corretto dire a tutti quelli, tantissimi, che mi hanno aiutato, che nel frattempo ho chiuso la raccolta fondi aperta per finanziare la cura sperimentale - abbiamo ricevuto 139mila euro, io ne ho spesi 160mila - e ne ho aperta un’altra per il trapianto (https://gofund.me/e8c68cff)».

© RIPRODUZIONE RISERVATA