Case di riposo piene: niente posti e costi alle stelle

Assistenza Tornano le liste d’attesa nelle Rsa lariane: «Sempre più gli anziani che non sono autosufficienti». Sono 1500 le famiglie in difficoltà. E si paga fino a 122 euro al giorno

Circa 1500 famiglie comasche non riescono a trovare (in tempi brevi) un posto letto nelle Rsa. E gli anziani, in condizioni di sempre maggiore fragilità, non possono permettersi di restare a lungo in lista d’attesa, ma nemmeno di pagare rette da 3.800 euro al mese. I dati aggiornati fino al mese di novembre dall’Ats Insubria relativi alle 52 case di riposo censite nella nostra provincia, raccontano il ritorno delle famiglie alle porte delle Rsa, superato il drammatico periodo della pandemia. I posti letto liberi - nemmeno un centinaio - rappresentano appena il 2% sull’offerta complessiva e faticano a garantire una veloce rotazione dei nuovi ingressi.

Su 3.895 letti a disposizione nel Comasco, le richieste sono addirittura 4.039. La domanda supera dunque ampiamente non solo la disponibilità del momento ma pure l’offerta totale. È pur vero che in molti presentano istanze in più di una struttura, nella speranza di trovare subito un ricovero, dunque i dati sono in parte da scremare. Stando ai numeri in possesso delle strutture sono comunque circa 1.500 le famiglie in attesa.

Crescono i non autosufficienti

Il problema, spiega Uneba, l’ente che rappresenta il maggior numero delle Rsa di Como e provincia, è che gli anziani che oggi hanno bisogno di un sostegno non possono aspettare. «Sono ormai tutti o quasi ospiti gravemente malati, che non possono essere gestiti a casa – spiega il segretario provincia di Uneba Mario Sesana – Persone che devono uscire da un ricovero in ospedale e hanno dei bisogni urgenti. Con badanti, cure domiciliari e forme di Rsa aperta le famiglie gestiscono a domicilio i parenti meno compromessi, a noi invece arrivano pazienti che di fatto seguiamo come in un reparto di medicina». Dovendo peraltro fare i conti con infermieri e operatori sociosanitari che mancano e senza i quali non è possibile garantire i livelli di assistenza, non potendo dunque aumentare l’offerta di posti letto.

Un altro problema non di poco conto riguarda le rette. Nell’ultimo biennio tra inflazione, Covid e costi energetici le Rsa hanno aumentato le tariffe, mentre il contributo regionale copre tra il 30% e il 40% dei costi complessivi. Alle famiglie dunque viene chiesta una quota giornaliera che nel Comasco va da un minimo di 55,2 euro fino a un massimo di 122 euro. Vuol dire spendere da 1.700 a 3.800 euro al mese. Guardando alla media, la tariffa minima è pari a 70,4 euro al giorno (2.182 euro al mese) mentre quella massima è pari a 84,5 al giorno (2.619 euro al mese). Una pensione normale non arriva a tanto. Si aggiunga che chi può spendere di più in genere trova un letto più in fretta, c’è più attesa nelle residenze più economiche.

Esplosione delle spese

«L’aumento c’è stato nel 2022, quest’anno i rincari sono stati minimi e solo dove strettamente necessari – dice ancora Sesana – Piuttosto le tariffe a noi riconosciute dalla Regione per il servizio fornito sono ferme da troppi anni. Salvo un 2,5% di scatto che ci è stato assegnano l’anno scorso, insufficiente comunque vista l’esplosione delle spese, confidiamo in un nuovo adeguamento». C’è un tavolo aperto al Pirellone proprio su questo capitolo relativo alle Rsa.

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