Cinque giorni in attesa di un letto
Valduce, il figlio va dai carabinieri

La disavventura di una donna di 76 anni che ha accusato i primi sintomi dopo la prima dose di vaccino, ed è risultata positiva. L’ospedale: «La nostra capienza ha un limite strutturale»

A 76 anni dopo cinque giorni e quattro notti è ancora sulla barella in pronto soccorso, e il figlio va dai carabinieri.

La signora Maria Concetta T. lunedì scorso è stata vaccinata all’hub di Villa Erba. Come tanti, in quanto invalida con problemi respiratori ha chiesto le fosse somministrato Pfizer, ma ha ricevuto AstraZeneca. Già dalla sera si è sentita male, la febbre è salita in fretta. I medici le hanno consigliato di prendere il paracetamolo, perché il siero anti Covid non di rado come effetto collaterale fa aumentare la temperatura corporea.

Domenica le sue condizioni di salute sono peggiorate e i familiari nel pomeriggio hanno deciso di chiamare il 118. Da allora la signora è rimasta su una barella del pronto soccorso del Valduce in attesa che si liberasse un letto in reparto. È risultata positiva, è possibile che stesse incubando il virus prima della vaccinazione, oppure la vaccinazione non ha fatto in tempo ad attivare le difese contro l’infezione. La donna ha un principio di polmonite bilaterale, ma non necessita della ventilazione forzata.

«Dopo quattro notti e quasi cinque giorni – racconta il figlio Lorenzo C. – credo sia una questione di dignità e giustizia trovare a Como un letto in ospedale. Non è civile, non è accettabile, rimanere fermi su una barella. In Lombardia gli ospedali hanno nominato con vanto i “bed manager” per gestire al meglio la disponibilità dei letti facendo rete. Se il Valduce è così in difficoltà è mai possibile non ci sia un posto in tutti gli altri presidi ospedalieri?».

Ieri il signor Lorenzo si è rivolto ai carabinieri per testimoniare l’accaduto in un esposto scritto e firmato. Contestualmente in ospedale hanno trovato modo di ricoverare la donna. «È vero, quest’ultima settimana abbiamo avuto delle difficoltà - spiega il direttore sanitario del Valduce Riccardo Bertoletti – ma ieri abbiamo ricoverato la donna come gli altri pazienti, positivi e non. Lo facciamo sempre entro i limiti delle nostre possibilità, indipendentemente da chi lecitamente si lamenta e manifesta la sua preoccupazione. La signora, giunta in ospedale domenica sera, ora è in reparto».

L’assedio del Covid però sta mollando la presa. «Abbiamo visto una flessione decisa dei ricoveri da inizio mese – spiega ancora Bertoletto – siamo passati da una sessantina di casi ad una quarantina. Oltre alla terapia intensiva che si attesta su cinque casi, resta un reparto pieno. Si tratta spesso di malati lungodegenti che fatichiamo a dimettere, perché non si negativizzano, non godono a casa di una autonomia sufficiente o non riescono a rientrare nelle Rsa. Ora però vediamo molti più pazienti negativi che arrivano in ospedale per altri bisogni di cura e che hanno altrettanta necessità di essere trattati. E la nostra capienza ha un limite strutturale».

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