Como: superiori già chiuse
L’ira dei presidi: «Scelta assurda»

Polemiche per la decisione della Regione. «Inutile aver investito soldi e tempo nella sicurezza»

«È un modo strano di curare il paziente».

La decisione di ricorrere in toto alla didattica a distanza lascia l’amaro in bocca ai presidi cittadini. Dopo mesi di fatiche, passati a misurare i banchi e a dotare i propri istituti di protocolli funzionanti, si decide di chiudere. Ma a non aver funzionato non sono state le scuole, che pagano invece per problemi non risolti da altri.

«Non ci hanno consultato»

«Non trovo sia stata una scelta corretta – commenta la preside del Caio Plinio Silvana Campisano – presa senza consultare le scuole. Sono molto amareggiata: abbiamo lavorato in solitudine e speso soldi per garantire la sicurezza e poi dobbiamo tenere i ragazzi a casa, quelli che pagano di più questa situazione».

Al Setificio ci si sta organizzando affinché si possa svolgere le ore di laboratorio in presenza, così come consente la norma. «Le dinamiche del contagio si percepiscono dopo – aggiunge il preside Roberto Peverelli – però, la scuola al momento sta funzionando e sta svolgendo un ruolo educativo sul rispetto delle regole. Inoltre, la diffusione del contagio non dipende principalmente da comportamenti irresponsabili delle persone, che di sicuro ci sono, ma anche da scelte non fatte o fatte male. Penso ai trasporti, nodo irrisolto, e alle difficoltà degli ultimi tempi sui tracciamenti».

Per il preside del Volta Angelo Valtorta le scuole non sono responsabili dell’aumento dei contagi: «Non discuto la scelta, di sicuro presa di concerto con gli esperti – spiega – però le aule sono luoghi sicuri e applicano protocolli rigidi. Inoltre, s’interviene sulle scuole lasciando liberi i ragazzi nel pomeriggio e senza toccare i trasporti».

Dopo l’incontro avvenuto ieri fra l’Anci, i sindaci delle città capoluogo della Lombardia e il presidente della Regione Attilio Fontana, il sindaco di Como Mario Landriscina parla di “situazione delicata”. «I nostri numeri – conferma Landriscina – non sono i peggiori, ma sono certo “duri”. Il punto di partenza è salvaguardare la parte sanitaria, senza trascurare quella economica e scolastica. Un’altra sfida è non bloccare la mobilità e, al contempo, non affossare la scuola».

«Cambiare gli orari»

Per il primo cittadino, preoccupato dalla probabile crescita della povertà in città, una soluzione potrebbe essere una riduzione generalizzata delle attività e del ritmo delle giornate, estesa a tutta la città e non solo al mondo della scuola. Quindi, per le lezioni, si parlerebbe di una percentuale di studenti in presenza, con rotazioni mattutine e pomeridiane, così da utilizzare i mezzi di trasporto senza affollarli.

«Certo – conclude Landriscina – servono risorse e personale. E, per esempio, se arrivassero per i mezzi di trasporto sarebbe un aiuto». Intanto, per il consigliere regionale Pd Angelo Orsenigo «la didattica a distanza parziale può funzionare perfettamente, ma si tenga conto che per i giovani è importante essere presenti anche di persona, sia da un punto di vista dell’apprendimento, che sociale.». Per Raffaele Erba, consigliere regionale dei Cinque Stelle, chiudere le scuole «da un giorno all’altro, senza un minimo di preavviso, è un grave errore. Misure con un impatto così importante vanno concertate con il ministero dell’Istruzione e con gli istituti scolastici con un minimo di anticipo».

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