Coronavirus, vaccinazioni a casa
I medici: «Noi pronti ma non c’è supporto»

Il presidente dell’ordine Gianluigi Spata: «Organizzazione tutta in capo a noi, così non va» - E i farmacisti: «C’è l’accordo, ma i tempi non sono brevi»

I medici di famiglia sono sempre stati considerati lo strumento più capillare per vaccinare la popolazione, eppure, ad oggi, non sono ancora scesi in campo.

Già a gennaio i sindacati e le categorie dei camici bianchi hanno sottoscritto con la Regione un accordo per fare i vaccini anti Covid, poi nuovamente firmato il mese successivo con il Governo. Nove medici comaschi su dieci, quindi più di 350, hanno risposto all’appello ed hanno offerto la loro disponibilità. Ma le somministrazioni salvo qualche piccola sperimentazione non sono partite nemmeno sui malati allettati a domicilio. «Per gli allettati l’Ats ci ha appena spedito delle linee guida – risponde Gianluigi Spata, il presidente dell’Ordine dei medici di Como – ma non ci è stata fornita una rete di supporto. Dobbiamo noi organizzarci con i Comuni, i colleghi, le Croci per l’ambulanza e l’ospedale per la preparazione delle dosi. Quanto all’intera campagna vaccinale noi, lo ripeto per l’ennesima volta, ci siamo e siamo pronti. Le autorità ci mettano però nelle condizioni di vaccinare. Noi non possiamo fare da soli in ambulatorio. Servono gli hub, nei grandi centri vaccinali possiamo impegnarci davvero. Purtroppo qui a Como bisogna ancora decidere la sede».

Il centro vaccinale in piazza d’Armi a Muggiò è stato cestinato, l’hub si farà a Villa Erba. La campagna vaccinale in Lombardia avrebbe bisogno di una spinta, gli ospedali pubblici hanno bisogno d’aiuto anche in termini di personale. In Emilia Romagna i medici di famiglia stanno già vaccinando i docenti, nel Lazio gli under 65 e in Toscana gli over 80. «L’unica soluzione è metterci al lavoro negli hub – dice Giancarlo Grisetti, presidente provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale – nei centri vaccinali possiamo contare su un aiuto in caso di reazioni avverse. Bisogna anche pensare che per la rendicontazione delle somministrazione il sistema informatico regionale chiede per ogni singolo vaccinato diciotto passaggi online. Negli ambulatori poi mancano spazi e servizi, sono inadatti alle fasi di massa. Pfizer ha bisogno dei freezer, i Moderna fino ad ora sono pochi e AstraZeneca è stato a lungo bloccato oltre i 55 anni».

L’aspettativa degli assistiti è grande e tra i medici inizia a circolare un po’ di insofferenza. «Per gli allettati in sostanza dobbiamo arrangiarci – aggiunge Enrico Giuseppe Rivolta, segretario comasco del sindacato nazionale autonomo dei medici italiani – ma tra le dosi da ritirare scongelate, l’autoambulanza e il giro dei pazienti da fare in fretta non è semplice. Sugli hub invece non abbiamo interlocutori e le idee delle autorità sono ancora poco chiare. I nostri ambulatori non sono adatti alle vaccinazioni, c’è bisogno di luoghi sicuri e attrezzati. Se ci danno il modo possiamo fare la nostra parte».

E le farmacie? La Regione sui vaccini anti Covid ha sottoscritto un accordo anche con le farmacie. «Ma dagli annunci alla realtà passa molto tempo – dice Attilio Marcantonio presidente di FederFarma Como – vanno ancora finiti i corsi di formazione per i farmacisti vaccinatori. E c’è bisogno anche garanzie chiare sugli spazi e sull’organizzazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA