Covid-19, mappati i recettori del virus
“Cervello” comasco nella maxi ricerca

Uno studio sulla rivista “Nature medicine” rivela come e dove il virus si attacca alla cellule. A firmarlo è anche il medico comasco Michela Noseda - «Il più colpito è il naso, poi occhi, polmoni, vasi e cuore»

Como

Dove penetra e colpisce il Covid-19: una comasca su Nature mappa i recettori usati dal virus per danneggiare le nostre cellule.

Lo studio oltre ad avere una importanza conoscitiva può aprire la strada alla costruzione di nuovi farmaci e terapie.

Michela Noseda nel 2000, fresca di laurea in medicina, ha iniziato a girare il mondo. New York, Vancouver, Texas, poi la cattedra da associata all’Imperial College di Londra. La sua è una delle firme in calce ad un articolo promettente pubblicato sulla prestigiosa rivisita scientifica Nature medicine.

«Abbiamo mappato i recettori e le proteine necessarie al virus per entrare dentro alle cellule nei diversi tessuti del corpo umano – spiega la ricercatrice – il virus infatti per penetrare nelle nostre cellule e fare danno e poi cominciare a replicarsi si aggancia ad un recettore. È così che entra fisicamente, ha bisogno di questa chiave. La presenza del recettore e, semplificando, di altri enzimi giustifica l’ingresso in determinate cellule invece che in altre. Mappando recettori ed enzimi dunque abbiamo cercato di capire dove la malattia va a colpire maggiormente».

Ecco dunque dove l’aggressivo tipo di coronavirus si annida con più facilità. «Le cellule più positive si trovano nel naso – dice ancora Noseda – nell’occhio, ovviamente nelle vie respiratorie, nei polmoni. Ma anche in altri organi, nei vasi e nel cuore. Sappiamo infatti che i pazienti più gravi sviluppano danni cardiaci tra il 10% e il 20% dei casi, non per nulla abbiamo individuato cellule specifiche nei tessuti. Il valore dello studio sta nel farsi un’idea precisa di dove il virus si accumula e replica in maniera più massiccia. Di conseguenza dove può esserci una fonte più forte di trasmissione. Nel naso è semplice, basta uno starnuto, infatti una delle più efficaci protezioni dal contagio è la mascherina. Vale anche per la tosse. Nell’occhio il fatto può suggerire migliori protezioni, ma spiega anche l’insorgenza frequente della congiuntivite. Insomma così iniziamo a comprendere i meccanismi di questa malattia nuova, sconosciuta e così letale».

L’importanza della ricerca guarda però anche oltre. «Trovare i recettori in effetti può far pensare ad un obbiettivo terapeutico – dice Noseda – possiamo ideare dei film che ricoprano i recettori per evitare per esempio che il virus vi si agganci. Il meccanismo alla base dell’infezione mostra dei lati scoperti su cui lavorare. Anche perché per ora le terapie hanno guardato ai sintomi, a seconda dei guai dei pazienti abbiamo tentato delle terapie. Osservando la coagulazione abbiamo fatto ricorso per esempio all’eparina. Ma sono tentativi, si va a tentoni».

Inglesi, americani, olandesi, francesi, a questa ricerca ha partecipato mezzo mondo scientifico. Secondo Michela Noseda la competizione è stata messa da parte sul Covid, c’è disponibilità a mettere in rete dati e casi. La scienziata emigrata in Inghilterra non ama la dicitura di “cervello in fuga”. «Se mi chiedono da dove vengo io rispondo sempre Como – racconta la docente universitaria –, ci sono nata, i miei genitori sono di Como. Poi è vero che sono andata a Roma a vivere e a studiare e poi ho girovagato un po’. Adesso ho due bimbi che parlano inglese e mio marito è neozelandese».

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