Da Garmish ’78 alla 38 special: la valanga di Paolo De Chiesa

Il personaggio Protagonista dello sci alpino degli anni Settanta sul panorama internazionale e ospite in biblioteca a Como, ha raccontato la sua vita tra vittorie, drammi ed episodi iconici

Como

Chi ha partecipato alla serata nella biblioteca comunale Paolo Borsellino, ha avuto la fortuna di ascoltare aneddoti ed avventure, raccontate da Paolo De Chiesa, uno dei protagonisti della “Valanga azzurra” nello sci alpino, negli anni Settanta.

Il leggendario atleta olimpico di Saluzzo (classe 1956) e oggi giornalista sportivo, dodici volte sul podio di Coppa del Mondo, due Olimpiadi (Lake Placid 1980 e Sarajevo 1984) e tre Mondiali, ha raccontato, incalzato dalle domande di Roberta Bernasconi e Giorgio Gandola (della Libera Associazione Culturale Casa Brenna Tosatto) alcuni episodi della sua vita, agonistica e anche da commentatore televisivo, ruolo che ricopre da quarant’anni.

«La gente ci vedeva come una squadra di calcio»

Il tema dell’incontro di “ONde Lariane Festival di cultura e creatività” è “Fiducia. Forza. Fare. Le regole per vincere nella vita facendo squadra”. Il primo aggancio è stato con la Valanga azzurra. «La gente ci vedeva e ci percepiva come una squadra di calcio, ma non era così -ha spiegato De Chiesa -. Lo sci è uno sport individuale e al cancelletto per me e per gli altri azzurri c’erano solo degli avversari da battere per arrivare al primo posto. Poi eravamo squadra fuori dalla gara, ma quando si mettevano gli sci, ognuno era per sé».

Per far capire ancora di più la situazione, De Chiesa ha citato un episodio del quale è stato protagonista nel 1978. «C’erano i mondiali a Garmisch-Partenkirchen, in Austria e ci tenevo moltissimo a disputare il gigante. Durante la stagione – ha raccontato - ero andato forte e meritavo di essere in squadra. La sera prima della gara, Mario Cotelli doveva comunicare i nomi di chi avrebbe gareggiato. Dopo cena entrò e mi diede il pettorale di apripista. “Darai una mano a Thoni,con delle indicazioni”, mi disse. Non mi resi conto subito di quello che aveva detto, ma poi rifiutai di fare l’apripista. Non contro Thoni, ma perché ero convinto di meritare un posto da titolare».

Il dramma

Un momento drammatico De Chiesa l’ha vissuto a 22 anni quando la sua ragazza di allora lo colpì in faccia con una 38 special. Per tre anni dovette stare fuori dalle gare. Poi la sua forza di volontà prese il sopravvento. «Non avevo nulla da perdere e mi rimisi gli sci -ha spiegato -. “Ci provo” mi sono detto e nella prima gara, dopo tre anni di assenza, salii sul podio. Ho riportato la vicenda nella autobiografia “Ho sfiorato il cielo” perché spero che possa servire a qualcuno per dare il massimo, come ho fatto io dopo aver dovuto ricominciare da capo, nel parlare e nel leggere».

La sciata su una montagna sacra in Giappone

Episodi curiosi. L’aiutino non voluto in una gara nella parte finale della carriera, che sottolinea la genuinità degli atleti. «Avevo qualche problema fisico e dopo aver chiuso la prima manche oltre il 15° posto, nell’intervallo un massaggiatore mi diede una “pillola” che definiva miracolosa. La presi e andai fortissimo. Solo che – ha concluso -rimasi così per almeno tre giorni. Quando lo ritrovai gli chiesi cosa fosse e alla sua risposta “anfetamina” gli dissi di non farsi mai più vedere da me. In Giappone durante le Olimpiadi, vidi una bellissima montagna, innevata ed immacolata. Così decisi di scendere e venni arrestato: avevo violato una montagna sacra. Meno male che alla fine me la sono cavata».

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