Don Roberto, lo sconto di pena al killer fa indignare. Potrà uscire di carcere già tra 15 anni

La sentenza La condanna a 25 anni di carcere: con la buona condotta sarà fuori nel 2038. Dalla Procura generale nessun ricorso sulle attenuanti che gli hanno evitato l’ergastolo

Ridha Mahmoudi, con la buona condotta, uscirà dal carcere al massimo tra 15 anni. E nel 2030 - potenzialmente - potrà già usufruire di permessi premio e semilibertà. Non ha mancato di suscitare perplessità da un lato lo sconto di pena arrivato con la sentenza di secondo grado, dall’altro la decisione della Procura generale di non impugnare la concessione delle attenuanti generiche che hanno cancellato l’ergastolo per l’assassino di don Roberto Malgesini. Una doppia decisione, che ha portato venerdì alla sentenza definitiva di condanna a 25 anni per omicidio volontario premeditato.

Il Codice penale prevede, in caso di premeditazione, la pena del carcere a vita. Questo a meno che l’aggravante non venga in qualche modo “stemperata” da altri calcoli, come quello operato dalla corte d’Assise d’Appello di Milano che ha concesso a Ridha Mahmoudi l’attenuante generica. Che, solitamente, si concede se l’imputato ha collaborato alle indagini, se non ha precedenti penali, se ha tenuto un comportamento processuale corretto. Nessuna di queste circostanze riguarda, però, Ridha Mahmoudi.

I calcoli sulla pena

L’assassino di don Roberto, com’è noto, nell’immediatezza del delitto ha letteralmente rivendicato - con orgoglio - di aver tolto la vita al sacerdote valtellinese in piazza San Rocco; quindi durante il processo non ha voluto in alcun modo confermare le sue prime dichiarazioni, tenendo un comportamento provocatorio al limite dello sprezzante; e, infine, ha un lungo curriculum di condanne, ivi compresa quella di maltrattamenti nei confronti dell’ex moglie.

Il ragionamento di giudici del secondo grado, che hanno cancellato il carcere a vita inflitto a Como optando per una pena a 25 anni, ha per certi versi del paradossale. In buona sostanza la logica è la seguente: la premeditazione dell’omicidio di don Roberto la si è scoperta grazie alla rivendicazione di Mahmoudi. Se lui non si fosse presentato in caserma imbrattato di sangue a dire che, finalmente, si era fatto giustizia, difficilmente la Procura di Como avrebbe potuto contestare l’aggravante della premeditazione. Ed è quindi per questo motivo che Mahmoudi ha meritato il riconoscimento delle attenuanti, e quindi lo sconto di pena.

La premeditazione

Un ragionamento, però, che non fa giustizia al lavoro di squadra mobile e Procura cittadina. Che da un lato avevano recuperato lo scontrino che testimoniava l’acquisto, due mesi prima del delitto, del coltello utilizzato per uccidere don Malgesini (dimostrando quindi che già aveva in animo quella che lui ha chiamato la sua “vendetta”); dall’altro non viene per nulla tenuto in considerazione il memoriale, scritto mesi prima, nel quale l’assassino già preannunciava intenti violenti: «Sono stato informato di un’udienza davanti al giudice di pace il 15 settembre 2020... chi ha sbagliato deve pagare».

Mahmoudi è in carcere dal settembre di tre anni fa. Il che significa che tra 15 anni avrà finito di scontare la sua pena. Avrà settant’anni quando uscirà di cella. Per sempre.

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