I ladri sono la colf e l’addetto alle pulizie? Senza denuncia, il furto in villa è senza colpevoli

La sentenza Dalla Cassazione colpo di spugna alle condanne per gli autori di un furto in abitazione . Avevano sottratto 19mila euro. Ma siccome avevano le chiavi serviva la querela dei derubati

Le donne e gli uomini delle pulizie non possono essere condannati per furto in appartamento in quanto ai «fini della sussistenza» di questo reato «è necessario che l’introduzione nell’appartamento» della vittima avvenga «senza il consenso dell’avente diritto». Cosa che non è attribuibile ad una colf o ad un addetto delle pulizie in quanto in possesso delle chiavi degli appartamenti per volere dei padroni di casa. Ed inoltre, per arrivare alla contestazione del «furto in appartamento», deve «esserci un nesso finalistico tra l’introduzione nella casa e l’impossessamento della cosa mobile». In altre parole, non solo bisogna introdursi con la forza ma anche con l’intento di rubare qualcosa. Altrimenti, al massimo può essere contestato il furto con querela di parte, ma non la fattispecie di cui parlavamo all’inizio, ovvero il furto in appartamento.

A dirlo in questi giorni è stata la Corte di Cassazione che proprio con un caso comasco è arrivata ad annullare senza rinvio una sentenza di condanna sia in primo grado (in riva al Lario) sia in Appello a Milano, a carico di due coniugi rumeni che secondo l’accusa avevano rubano ben 19 mila euro in una villa di proprietà di una coppia inglese. Fatti accaduti, sempre secondo il capo di imputazione, il 25 agosto del 2016 quando cioè i proprietari di casa lasciarono la dimora comasca per assentarsi qualche giorno.

La doppia condanna non basta: la Cassazione ha ribaltato tutto quanto

Dalla villa scomparvero gioielli, capi di abbigliamento, anche un trolley fucsia molto riconoscibile che i carabinieri ritrovarono poi nella casa di una coppia di rumeni, Gerard Carol e Gina Streanga, che erano stati incaricati da una agenzia di pulizie di tenere in ordine la villa della coppia anglosassone. Il trolley ma anche alcuni capi di abbigliamento furono anche riconosciuti dalla padrona di casa e ne nacque un fascicolo penale proprio con l’ipotesi di reato di furto in abitazione.

La vicenda era così arrivata al palazzo di giustizia di Como, con la condanna ad un anno e 4 mesi per lui e a un anno per lei. Tesi accusatoria rimasta in piedi anche in Appello, seppur con una piccola riduzione delle condanne. Del resto non erano stati trovati segni di effrazione, i proprietari della villa erano sempre rimasti in casa e l’unica volta che si erano assentati era stato per un breve periodo in cui ad entrare erano stati solo i due coniugi incaricati per le pulizie.

A Roma, di fronte ai giudici della Cassazione, ecco però il colpo di scena in accoglimento di quelle che erano state le tesi dell’avvocato della coppia rumena, il legale Arnaldo Giudici: «Non si tratta di un furto in abitazione bensì di un furto semplice aggravato dall’abuso del rapporto di prestazione d’opera», visto che i due imputati erano in possesso delle chiavi e non si erano introdotti nella villa in modo illegittimo bensì con il consenso delle vittime. Da qui la riqualificazione del reato in quello meno grave perseguibile solo con la querela di parte che tuttavia non era stata – nel 2016 – formalizzata.

In conclusione, dunque, secondo i giudici romani «l’azione penale non poteva nemmeno essere iniziata» proprio per il difetto di querela. Da qui «l’annullamento della condanna senza rinvio». Per quel furto da 19 mila euro, insomma, non ci sono colpevoli.

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